SPERANZE DI UN CARCERATO
Anche oggi
arance quasi rancide per rancio
eppur, per opere perfette perseguire
il patto è di mangiare questo piatto:
per un futuro fonte di fortuna e
ancora mesto,
mastico l'amaro.
SPERANZE DI UN CARCERATO
Anche oggi
arance quasi rancide per rancio
eppur, per opere perfette perseguire
il patto è di mangiare questo piatto:
per un futuro fonte di fortuna e
ancora mesto,
mastico l'amaro.
UNA FAVOLA
Ricordo che c'era un principe, una sera
era molto freddo e lei stava per piangere: mi pare avesse perso una scarpetta
ma il Principe la prese tra le sue braccia, la consolò e mangiarono insieme.
Infine giunse una fatina buona che li portò ad una festa dove ballarono tra tante persone
si divertirono molto e la fatina buona ed il principe le asciugarono le lacrime sorridendo.
Era una fanciulla speciale, la più incantevole del Reame
Poi la favola finisce,
lei prende il treno
e il Principe torna al suo castello
Non so, io la ricordo così: è così che deve essere andata.
anzi, ora che ci penso ricordo altro:
lui prova la stretta scarpina persa da Lei a tutte le fanciulle del Regno ma nessun piede riesce a calzarla.
Per cui il principe preferisce attendere il suo ritorno e finalmente, un giorno, la rivede ed è il giorno più bello
e la scarpina entra in quel piede alla perfezione.
poi, però,
Lei parte ancora, prende il treno
e il Principe ritorna al suo castello.
I BAMBINI DI VICOLO MARCHI
Queste righe sono dedicate ad una vasta generazione di ragazzi cresciuti nel "cortile" delle periferie cittadine. Uso il termine tra virgolette ed in maniera impropria perché dovrei parlare più di isolato ma da bambini si diceva sempre "Vado giù in cortile": non c'erano altri termini per definire lo spazio tra due o tre strade nel quale tutti i pomeriggi nel doposcuola (tutto il giorno nel fine settimana) si raduvano tre, cinque e minuto dopo minuto 20 o 30 bambini dalle case intorno.
Ho parlato di generazione "vasta" perché nei cortili, giocando a nascondino tra le auto o calciando il "Supertele" per dodici ore consecutive sono nati quelli degli anni 60, 70, 80 e nei loro racconti ci sono tanti punti in comune.
Il nostro cortile a Zola Predosa fu "Vicolo Marchi", probabilmente l'unico quartiere storico di un paese cresciuto troppo in fretta intorno ad uno dei più grossi centri industriali della provincia. Una piccola città che aveva attratto migliaia di persone di tutte le estrazioni sociali che, a prezzi ancora abbordabili, avevano colonizzato in massa la periferia bolognese i primi anni'70.
Io vivevo tra i grandi palazzi della vicina Via Dante ed appena si poteva, con qualche amico, si correva in quel Vicolo che costeggiava il fiume Lavino alla ricerca di misteri ed incontri. A quell'epoca i giochi elettronici esistevano già ma non potevano competere con quello che c'era fuori: ci voleva troppo tempo o forse solo troppo disturbo per montarli sul televisore di casa e comunque dopo un po' si usciva ugualmente. Si stava dentro solo quando pioveva, forse nemmeno ed i cartoni animati erano ad orari precisi: c'era tempo per tutto.
Vicolo Marchi significava, come anticipato, andare prima di tutto al fiume: non era bello e ripulito come adesso, anzi, dove scendevamo noi ragazzi c'era una vera e propria discarica abusiva (una delle tante all'epoca) che però era fonte di scoperte e ritrovamenti. Mi ricordo che anche trovare in terra un tappo a corona di quelli con le bandiere del mondo disegnate era un piccolo tesoro da riportare a casa. Anche una pietra strana o un bastone potevano esserlo.
Ma nel Vicolo abitavano anche i "vecchi", i veri abitanti storici di Zola che vivevano lì da chissà quanto. Noi andavamo tutti i giorni a casa loro, a vedere i loro oggetti antichi, ad ascoltare le storie così lontane nel tempo. Avevano sempre qualcosa da dirci, i vecchi ed era una singolare contrapposizione tra persone che parlavano quasi esclusivamente in dialetto e noi bimbi, a Zola quasi tutti figli di meridionali immigrati o comunque non nati a Bologna, che capivamo tutto nonostante una lingua che avremmo imparato solo col tempo.
E poi le partite di calcio interminabili, mille contro mille o uno contro uno in campi troppo grandi o troppo piccoli, sempre di cemento, quasi sempre con muri al posto di porte o due giacche a vento gettate a terra al posto dei pali. Spesso utilizzando il coloratissimo "Supertele" dalle traiettorie fantasiose perché nessuno aveva il "Tango" (sempre in plastica ma pesava un po' di più). Sempre con il più "scarso" in porta (per lo più io) e tutti con addosso gli stessi vestiti con cui si andava a scuola o a passeggio e non le maglie dei propri beniamini che ci limitavamo a nominare durante l'azione a mo' di telecronisti.
Generazioni di bimbi che avevano molto da dirsi: che la sera prima in televisione avevano visto tutti lo stesso film e gli stessi spot, che avevano quasi tutti genitori ancora non separati anche se con mille problemi e l'affitto da pagare. Bimbi senza cellulare che guardavano alla finestra: tanto prima o poi spuntava qualcuno e lo si raggiungeva in due secondi giù per le scale. Anche noi un po' vittime della pubblicità ma si era abituati a non avere tutto, a non dover comprare tutto ciò che poteva piacerci.
Si urlava "macchinaaaa!!!!" e tutti si spostavano e lasciavano passare lentamente una Prinz che ai tempi delle Ritmo sembrava già un relitto. SI saltava tra gli elastici, si correva più di Dorando Pietri, ci si nascondeva per ore in luoghi dove nessuno poteva trovarti e saltando fuori dal nascondiglio ci si rendeva conto che il gioco era finito da un pezzo.
Il cemento, l'asfalto era l'ambiente di quelle periferie anni '70, '80: si giocava tra le auto in sosta, si correva da un lato all'altro della strada. Persino i veri cortili delle case, anche quelli privati, venivano ricoperti da gettate di cemento che sembravano più pulite ed ordinate dei prati. Sembrava che il verde fosse qualcosa di poco sano, da relegare in parchi alberati non troppo vicini alle case.
Infine, dopo il fango o la sabbia, sporchi e grondanti di sudore, a volte ci si infilava negli studi di "Telezola", sicuramente una delle prime reti commerciali e locali italiane dove capitava che ci ospitassero in diretta in piccoli show pomeridiani e dove i nostri genitori erano costretti a vergognarsi di vedere all'improvviso i loro figli sudici negli apparecchi televisivi.
Anche qui mi abbandono alla musica. Vorrei proporvi due meravigliose canzoni che secondo me rendono bene l'idea di quell'ambiente, dell'infanzia tra i cortili, per quanto scritte da persone con qualche anno più di me.
Infatti forse un po’ per punizione
che ci batte in testa il sole
nonostante la tettoia
Non credo che nessuno ormai si stupirebbe
se un bambino gli chiedesse
a cosa serve una grondaia?
A cosa servono i palloni
incastrati sotto le marmitte
a ricordare quando fuori
si giocava fra le 127
Che vita !
Ah puoi dirlo sento sempre il peso
di un ricordo appeso al collo
Che vita !
Pietro Mennea e Sara Simeoni
son rivali alle elezioni…
(Samuele Bersani, "Che vita!")
ed un'altra canzone qui sotto che ha evidenti riferimenti politici e non storico nostalgici...ma per il principio per cui ognuno vede poi in una poesia ciò che vuole...io ho rivisto un pezzo della mia infanzia e, ahimé, anche del mio presente al di là del reale contesto della canzone
Mamma c'ha il cuore debole ma la voce è di tuono,
Mamma c'ha il cuore debole ma la voce di tuono.
Ci guarda con il megafono dall'ultimo piano,
promette un castigo, minaccia un perdono.
E noi siamo tutti in fila davanti al bagno,
e noi siamo tutti in fila davanti a un segno,
e noi siamo tutti al fiume a trasformare l'oro in stagno.
Ma prima di aver finito faremo un buco nell'infinito
e accetteremo l'invito a cena dell'Uomo Ragno.
(De Gregori, la ballata dell'Uomo Ragno)
DAI DEAD OR ALIVE A KARATE KID
Da circa dieci anni è in corso, in Italia, un forte processo di rivalutazione degli anni '80 dal punto di vista sociale, artistico e culturale in genere.
Tutte quelle pettinature strane e colorate, quei vestiti originali, quella musica pop e punk così orecchiabile. Quella sensazione di benessere forse illusoria e l'informatica che per la prima volta entrava nelle nostre case insieme alla tv a colori. I telefilm indimenticabili ed i cartoni giapponesi. I filmacci italiani di serie B. Il Drive In che tanto ci faceva ridere tutti ed a rivederlo ora mi chiedo se fossimo più imbecilli di chi applaudiva Hitler cinquanta anni prima.
La mia opinione globale sugli anni '80 (peraltro non richiesta) è:
10 PRINT "PAOLO"
20 GOTO 10
QUANDO IL BUON VECCHIO
"I LOVE YOU"
E' PIU' CHE SUFFICIENTE
Come spiegare l'amore a chi non lo comprende?
Come spiegare i sentimenti con le parole?
Sappiamo quasi tutti che le parole sono realmente insufficienti a chiarire un concetto che richiede cinque sensi per essere completo.
Eppure le parole ci servono in amore: abbiamo un bisogno incredibile di poesia di canzone e di recitazione. Bisogno di ascoltare, di comprendere anche l'amore altrui per raffrontarlo al nostro.
Tante volte tra queste pagine ho scritto riguardo la canzone d'amore. Giorni fa un'amica si è espressa con questi termini: "Ormai le canzoni d'amore mi hanno stancato"
Beh......molte canzoni d'amore hanno stancato anche me.....
Un celebre autore e musicista, parecchio tempo fa, rispose ad un'affermazione del genere di un suo amico e collega così:
You think that people would have had enough of silly love songs.
But I look around me and I see it isn't so.
Some people wanna fill the world with silly love songs.
And whats wrong with that?
I'd like to know, cause here I go again
Il brano era corredato da una cinquantina di provocatori "I love you".
Ma in questo caso parliamo di un'epoca, gli anni '70, in cui scrivere testi non "sociali" o non di protesta era considerato un delitto.
Per farla breve, la maggior parte delle canzoni d'amore hanno stancato anche me ma solo perché vengono scritte per vendere dischi.
L'amore non puoi descriverlo, puoi solo raccontarne gli effetti.
Mi meraviglio molto di chi in vita sua ha letto poco o niente, ha ascoltato "davvero" poche persone raccontarsi e poi scrive canzoni di successo vuote, senza una storia. Mi sembra ovvio: chi non sa ascoltare non sa raccontare.
Anch'io cerco l'originalità nei testi: in poesia come nella canzone. Non un'originalità forzata ma quella di chi parla di sé stesso perché non esistono due persone con le stesse storie e gli stessi sentimenti. Oppure l'originalità di chi sa capire le parole degli altri, i racconti degli amici e sa trasformarli in immagini forti, belle perché la poesia non è un romanzo e non è una descrizione ma un insieme di immagini in parole che formano un quadro nel quale ognuno vede un po' ciò che vuole purché sia bello, purché susciti emozioni. Per fare questo ci vuole anche tecnica ma questo è un discorso complesso che non interessa più al giorno d'oggi.
Nonostante la ricerca dell'originalità ci sono brani che lasciano a bocca aperta anche quando sono estremamente semplici. Poche parole, dolcezza e la voce giusta che, guardacaso, è spesso quella di F.A. Sinatra.
FLY ME TO THE MOON
Fly me to the moon
And let me play among the stars
Let me see what life is like
On Jupiter and Mars
In other words, hold my hand
In other words, baby kiss me
Fill my heart with song
And let me sing forever more
You are all I long for
All I worship and adore
In other words, please be true
In other words, I love you
In other words, hold my hand
In other words, baby kiss me
In other words, please be true
In other words
In other words
I-I love you
VOCE DI DONNA
Tra i pensieri o i ricordi più belli che posso avere nella mia vita c'è quello di una donna che canta per me.
Sia una bimba che intona una filastrocca o una ragazza di qualunque età: è una sensazione meravigliosa.
Ricordo me stesso sdraiato su un pavimento: ascoltavo una bimba che giocava con le sue bambole accanto a me mentre cantava una semplice musichetta
e nella mia dormiveglia sognavo fosse la figlia che non ho mai avuto.
Su una spiaggia due amiche cantavano con me ma io mi fermai per ascoltarle semplicemente: perché era bello fossero in quel momento lì per farmi sentire la loro voce e la loro musica.
Ed ancora in una piazza, un'altra meravigliosa amica dagli occhi grandi e dalla voce che muoverebbe il cuore alla persona più insensibile interpretava un brano che parlava di me...
Se nella voce di un uomo, nelle sue vibrazioni come nel dolore mi posso riconoscere
quella di una donna è l'amore stesso, è la dolcezza, l'incanto: è un energia diversa che però avvolge, incuriosisce ed anima.
Quando una voce straordinaria, perfetta, si unisce ad una canzone scritta con la parte più profonda di noi e con un animo che si trasferisce anche sulle note e non solo sulle parole
nasce un concerto semplice
ed il capolavoro, l'arte.
Nel 1968 nacque il primo singolo da solista di "Mama" Cass Elliot: di certo una delle interpretazioni che più ho amato in assoluto. Ho amato pure quella voce e quella donna, scomparsa prima che io fossi in grado di intendere e di volere
il tono rilassato ma intenso, le parole e quella melodia
alla sera, prima di dormire,
sono un balsamo che dona sonni regali, pace.
DREAM A LITTLE DREAM OF ME
Stars shining bright above you,
Night breezes seem to whisper, "I love you";
Birds singin' in the sycamore tree;
Dream a little dream of me...
Say "nighty-night" and kiss me,
Just hold me tight and tell me you'll miss me;
While I'm alone and blue as can be,
Dream a little dream of me...
Stars fading, but I linger on, dear,
Still craving your kiss;
I'm longing to linger til dawn, dear,
Just saying this:
Sweet dreams til sun beams find you,
Sweet dreams that leave our worries behind you;
But in your dreams, whatever they be,
Dream a little dream of me
Stars fading, but I linger on, dear,
Still craving your kiss;
I'm longing to linger til dawn dear,
Just saying this:
Sweet dreams til sun beams find you,
Sweet dreams that leave our worries far behind you;
But in your dreams, whatever they be,
Dream a little dream of me
AL TRAMONTO
Vieni! Vieni a vedere!
Cosa? Cosa c'è?
Dai! corri vieni qui!
Arrivo aspetta....sono qui cosa c'è?
Guarda...il tramonto, non vedi? Guarda che nuvole rosse, guarda che colori...
Dai, è bellissimo davvero! Aspetta che vado a prendere la macchina digitale!
Ma no!
Ma che fai!
Ma ci sono i tuoi occhi ma ci siamo tu ed io e nessun altro oltre a questo tramonto...
Siediti, ti prego e getta via quell'arnese. Usa gli occhi per catturare l'immagine, la mente per ricordarla ed il cuore per trattenere le emozioni.
Siediti qui con me e dimentica il resto.
Forse vedendo un filmato dieci anni dopo ti sembra di rivivere l'emozione del matrimonio?
O forse trascorrendo l'intera vacanza con una macchina fotografica, le duemila foto scattate fermeranno sulla carta per sempre le tue sensazioni? I paesaggi come li hai vissuti tu in quel momento? O ancora desideravi fotografare anche il tuo primo bacio perché è irripetibile?
Non si può mettere tutto su carta, su video, su pellicola.
D'accordo, ci sono immagini che ti accompagnano per una vita
una su migliaia
e le altre sono state il tuo tempo perso dietro un obiettivo mentre il mondo era davanti.
Ma le emozioni forti che hai dentro, i dolori come le gioie sono in un album sempre aperto. Ogni immagine dentro ha voci e movimenti, colonna sonora e odori.
e tutto ritorna alla mente ogni volta che il tuo cuore ci passa sopra lo sguardo: per rimpiangere o per rivivere, per capire, per sentire.
Ed ora siediti e guarda, parla con me e guarda e non dimenticare questo tramonto per tutta la vita
perché ogni volta che nasce e muore il Sole è un giorno irripetibile
IL QUESITO DELLA VIPERA
La scorsa estate, nel corso di un pomeriggio particolarmente afoso, tentai di inerpicarmi su un calanco particolarmente ripido. La scalata comprendeva tratti con pendenze difficili e terreno parecchio friabile sotto gli improvvisati appigli di mani e piedi: l'argilla era poco affidabile tanto da sgretolarsi al minimo errore ed in un paio di occasioni rischiai di cadere.
La mia speranza, dopo tre ore, si stava realizzando: la vetta era ad una ventina di metri ed ormai quasi camminavo eretto, appoggiandomi solo di tanto in tanto con una mano.
Fu allora che accadde qualcosa di incredibile,
assurdo.
Una vipera mi si parò davanti, a protezione dell'ultimo tratto, dell'unico accesso possibile per proseguire nei miei ultimi passi.
L'animale era in posizione d'attacco ma si ergeva in una strana posa, ritto come un cobra e la sua testa era di dimensioni esagerate rispetto al corpo.
Aspetto a parte, incontrare una vipera in quel periodo non doveva essere un fatto incredibile; incredibile fu invece sentire la bestia parlare nella mia lingua.
Sembra di raccontare una proiezione d'avventura e mistero o un Canto dantesco eppure né il Sole né la fatica erano causa di quel che vedevo e sentivo.
La paura degli animali pericolosi, che giustamente mi aveva colto al primo istante era ora mitigata da qualche incantesimo, dalla magia che si poteva respirare in quel luogo e vicino a quella bestia. Non avrei comunque rinunciato al raggiungimento della mia meta: la vipera voleva certo qualcosa da me e capii presto cosa.
Con una voce maschile, grave ed autoritaria ma molto umana mi disse:
"Hai messo alla prova la tua fatica e la tua tenacia salendo sul mio colle…ma se vuoi questa cima devi mettere alla prova la tua mente! Io ti porrò un quesito, se troverai la soluzione, ti lascerò passare e la cima sarà tua!"
Una trama scontata, assurda! Una pellicola quasi banale! Ad ogni modo annuii con il capo, pronto a spremermi le meningi:
a tutto c'è una soluzione.
"Ebbene - riprese - questo è il quesito:
Un re ha tre figlie femmine, non ha eredi maschi. Sono tre gemelle e nessuno, nel Regno, sa quale sia la primogenita.
Una è intelligente e alta, un'altra è saggia e forte, la terza è furba ed abile nelle arti.
La madre vorrebbe la terza, il re preferirebbe la seconda, il popolo chiede la prima delle menzionate.
Il re deve regalare un anello a ciascuna delle tre
UN ANELLO CON RUBINO
UN ANELLO CON SMERALDO
UN ANELLO CON TOPAZIO
sapendo che solo una delle tre può regnare per un preciso motivo, quale sarà e perché e quale anello donerà il re a ciascuna ragazza?
ED ORA QUAL'E' LA TUA RISPOSTA?"
Così parlò il serpente ed io iniziai a pensare con tutte le mie forze alla soluzione del problema.
Pensai a lungo.
Esiste sempre una soluzione.
E VOI? COSA NE PENSATE? AVETE LA SOLUZIONE DEL QUESITO?
Io posso dirvi che quella cima l'ho raggiunta, ci sono anche tornato, qualche tempo dopo
e chiunque,
per parecchio tempo,
avrebbe potuto vedere tra alcuni rovi il corpo di una strana vipera dalla grossa testa, calpestata da qualcuno ed abbandonata.
Esiste sempre una soluzione.
PAOLO
LA CRISI
Questa parola, periodicamente in passato e spesso nell'ultimo decennio, sembra essere il vero terrore dei paesi più ricchi del mondo (che volutamente non definisco più civilizzati).
La nazione in cui vivo ha quasi completamente dimenticato cosa voglia dire saltare due o tre giorni di pasti per mancanza di denaro. Mi trovo costretto ed evitare di condividere le drammatiche contraddizioni della mia stessa gente che si lamenta di non arrivare a fine mese navigando nel superfluo.
Questa è la crisi? La crisi significa non potersi più permettere gli stessi oggetti, le stesse spese dell'anno precedente?
Per me è ben altro. La crisi è il fatto di vivere in una nazione cattiva, tra gente cattiva ed egoista, con un livello di moralità basso ed un modo di vivere scadente.
Decadenza è la parola giusta, altro che crisi.
Ho detto tante volte su queste pagine che non si sogna più ma penso anche che non si ami più e non ci sia più rispetto.
MIgliaia di persone adottano i bambini a distanza e se il vicino di appartamento in condominio ha il figlio neonato che piange tutte le notti, protestano con l'amministratore.
Giornata della memoria, nazisti spietati, Martin L. King e Mandela e per strada evitano rumeni ed albanesi che chiedono un'informazione dopo dieci ore di lavoro in fabbrica.
Questa nazione ha dimenticato la musica, il teatro, l'arte, la poesia. Ignoranti, scontrosi, diffidenti e maleducati
con il cellulare nell'orecchio e poca passione per la vita, per il lavoro, per il bello.
La nostra casa è il luogo che ci protegge dal dover comunicare con il mondo, con le persone e prima o poi bisogna trovare il modo di non comunicare con la famiglia.
Tutti hanno imparato a rubare e distruggere i sogni degli altri perché non hanno i propri.
Si cerca di prolungare la giovinezza estetica perché non si è in grado di maturare dentro. Il divertimento è costruito e consuetudinario quanto il lavoro. Le vacanze servono solo a visitare riproduzioni dell'Europa vicino mari meravigliosi corredati da usi e costumi locali artificiosi e commerciali. Vacanze solo per mostrare foto: le immagini e le emozioni non finiscono nel nostro cuore ma nell'apparecchio digitale.
Isolarsi, isolarsi in mezzo ad una folla.
Oh mamma mia! Rido di me stesso perché parlo da Savonarola.
Ed invece io sbaglio più di tanti
ma se voglio migliorare è anche difficile trovare modelli da imitare.
Sì, sì, Savonarola era decisamente brutto, forse per questo era tanto acido......
IL PEGGIO DEI VIAGGI NEL TEMPO DI PAOLO
Buongiorno
Il mio nome è Paolo
Ho creato un sistema per annientare le barriere che ci imprigionano in un determinato periodo o epoca.
Sono l’inventore della macchina del tempo.
Più precisamente scendendo il gradino del corridoio di casa mia, quando colpisco involontariamente con il mio cranio la trave di cemento comincio a viaggiare nel tempo...non so come.....
Nei miei viaggi ho incontrato molti famosi personaggi della storia ma
poiché io sono io….
vi narrerò in breve in quali disastrose maniere ho fatto la loro conoscenza nelle mie:
FIGURE NEL TEMPO
1) 1820
Paolo: “Ma se è sordo perché mai dovreste lasciargli usare il pianoforte?"
Così ho conosciuto Ludwig Van Beethoven
2) 1940
Paolo: “ Ma sì, ho capito chi è lei!!! Quell’attore coi baffetti! Guardi, ho visto un sacco di suoi film, anche quelli muti…..lei, con la bombetta….poi quando fa roteare il bastone mi fa morire dal ridere!”
Così ho conosciuto….Adolf Hitler
3) 30 A.C.
“Stia tranquilla! Io so tutto sui serpenti! Quello non è velenoso, è totalmente innocuo!”
Così ho conosciuto…Cleopatra
4) 1912
“ Faccia buon viaggio, mi raccomando”
Così ho conosciuto il capitano Edward Smith, del transatlantico Titanic
5) 1431
“Oh signori! Che bel fuocherello! C’è la castagnata in piazza?”
Così ho conosciuto Giovanna D’Arco
6) 1888
Sì, una signorina bionda l’ho vista correre proprio verso quel vicolo cieco e buio…si figuri…quando si può essere utili….
Così ho conosciuto Jack lo squartatore……
7) 1789
E’ un onore conoscerla di persona, ammiraglio…desidero davvero stringerle la mano….
Così ho conosciuto Orazio Nelson
9) 1780
“Ma certo! Lei è quello dei cioccolatini!”
Così ho conosciuto Wolfgang Amadeus Mozart
10) 1900
"Ma prende Radio DeeJay?"
Così ho conosciuto Guglielmo Marconi
12) 1811
Vi avevo chiesto di portarmi dall’Imperatore, non voglio parlare con questo nano buffone col cappello ricurvo…..
Così ho conosciuto Napoleone Bonaparte
13) ROMA, 64 D.C.
“Certo che ho da accendere…..”
Così ho conosciuto Tiberio Claudio Nerone……
18 AGOSTO 2000, NOCERA UMBRA
PORTATEMI DELL' ACQUA DI NOCERA
QUESTA E' BUONA ALLA FEBBRE ED AL DOLOR COLICO
GUARISCE LA RENELLA ED IL MAL DI PETTO
FA DIVENTARE ALLEGRO IL MALINCONICO.
L'APPIGIONASI APPICCA AL CATERATTO
ED IN OZIO FA STAR TUTTI I BECCHINI
MA NON BISOGNA BERLA A CENTELLINI
E - QUEL CHE PIU' CONTA - IL MEDICO L'APPROVA
E IN CENTO CASI ANCOR PIU' STRAVAGANTI
HA FATTO DELLA SUA VIRTU' LA PROVA
STIMANDOLA PIU' ANCOR DEL VIN DI CHIANTI.
Mi affretto a memorizzare i versi del poeta Francesco Redi, letti sopra tre fontanelle davanti all'ingresso di Nocera Umbra che dopo un brevissimo pranzo nel bar a fianco accompagnano come una melodia i sorsi dell'acqua più fresca e buona di tutta l'Umbria.
Appena tornerò alla tenda li trascriverò immediatamente, parola per parola.
Sono stato accolto anche qui nel migliore dei modi: solo chi gira in bicicletta d'estate può sapere quanta allegria, quanto piacere regali al viandanTe una fonte di acqua fresca specie ora che la temperatura si avvicina molto ai 40 gradi.
Entrando nel borgo, però, i versi dell'Acqua fresca si cancellano e mi torna alla mente ben altra porta e ben altri versi: il Canto terzo di quella "Commedia" che sta accompagnando il mio viaggio come una colonna sonora
"Per me si va nella città dolente..."
Gran parte delle case di questo meraviglioso borgo sono transennate e con ponteggi. Il terremoto ha colpito qui molto più di quanto pensassi e il silenzio dentro le mura è assoluto come quello delle città fantasma dei vecchi "western" mentre centinaia e più case di questo grande borgo sono totalmente abbandonate.
non una persona oltre me a camminare su questi ciottoli non altro rumore oltre al fastidioso gracchiare della mia scarpa sinistra consumata.
Nonostante le crepe siano ovunque provo ad entrare in alcune di queste abitazioni attraverso porte socchiuse, socchiuse perché incastrate: impossibili da richiudere per i danni del sisma. All'interno tutto è ancora più irreale: pavimenti inclinati, case completamente ammobiliate ma senza persone dentro, riviste aperte sui letti, arnesi che qualcuno teneva in mano e che poi sono rimasti appoggiati là dove il tempo li ha sospesi. Sembra proprio che tutti siano scappati portando con sé solo il necessario perché tanti di questi oggetti personali sono ancora visibili un po' ovunque.
I soffitti sono crollati quasi ovunque e le macerie sembrano un addobbo in tutte le strade, come la neve nei presepi.
Padroni di tutto sono gli insetti insieme ai serpenti che vedo entrare ed uscire da vecchie porte in legno. In alcune strade ci sono anche sacchi di immondizie abbandonati probabilmente da allora (anche qui, i vecchi giornali che vedo sparsi in terra, sono testimoni del tempo che si è fermato).
L'impressione è che i lavori qui siano fermi da molto tempo e che Nocera Umbra sia stata dimenticata dagli uomini e dalle autorità
Tre giorni fa ho pianto sotto la bellezza delle opere di Giotto ad Assisi, di quella stessa volta che vidi crollare in televisione
ed ora entro in un'altra casa attirato da una vecchia foto di famiglia appesa al muro dall'altra parte dell'ingresso che intravedo da una finestra bassa
apro l'ingresso incuriosito
ma nessuno può vedere quella foto da vicino
perché non c'è più un pavimento
sotto
è crollato completamente scoprendo le cantine
e sto piangendo, di nuovo.
CANTANDO SOTTO LA PIOGGIA
Qualcuno di voi ha realmente mai "cantato sotto la pioggia"?
Intendo dire se qualcuno di voi,
specie qualche ragazzo ispirato da forti sensazioni come il buon Don Lockwood-Gene Kelly di "Singin' in the rain", ha ,mai capovolto la sfortuna di un improvviso temporale estivo mutandola in un momento di libertà e di esaltazione emozionale: uscendo allo scoperto, in strada, in mezzo alla gente
magari cantando proprio:
I'm singing in the rain
Just singing in the rain
What a glorious feelin'
I'm happy again
I'm laughing at clouds
So dark up above
The sun's in my heart
And I'm ready for love
e imitando qualche passo di danza o chiamando a sé un' altrettanto folle compagna di ballo disposta a sacrificare la sua camicetta pulita sotto l'acquazzone.
Poco tempo fa, per un concerto "rievocativo", ho interpretato:
Le gocce cadono ma che fa, se ci bagnamo un po'
domani il sole ci potrà asciugar.
Non si rovina il frac,
le scarpe fan cic-ciac,
seguiam la strada del destin!
si tratta (ad una più attenta analisi del testo tutt'altro che banale) di una vera esortazione all'ottimismo durante la guerra. La canzone penso fu anche un po' rimaneggiata nella versione "trio Lescano" perché uno dei testi in circolazione era più esplicito:
Non disperar perchè la vita
non è finita se si spera nel doman.
Non disperar, vedrai che il mondo
in fondo in fondo è pur giocondo
e un dì le nubi passeran.
Se ora cominciassi a parlare di
Scende la pioggia ma che fa
Cambia il mondo attorno a me
per amore sto morendo
credo si capirebbe ancor meglio il filo conduttore del discorso ma a dire il vero non amo troppo questa cover. Anche se non ho idea di che cosa raccontasse il brano originale dei "the turtles" e sebbene il bellissimo testo a metà tra disperazione e speranza fu bene interpetato dal giovanissimo Morandi.
La pioggia in poesia o in musica è un po' una metafora purificatrice. Lava via un dolore, porta cambiamento oppure si tramuta da fastidio in piacevole accompagnamento musicale delle proprie emozioni.
In alcuni versi ci si concentra proprio sulla bellezza dell'acqua che trasforma il panorama, ciò che ci circonda ed offre un modo diverso di vedere tutto. Più spesso però c'è il richiamo al fatto che, dopo un temporale ci sarà sempre il Sole che è comunque un immagine universalmente positiva
per cui la metafora richiama principalmente la speranza di un male che prima o poi finirà.
Talvolta le belle emozioni, l'amore, nemmeno ci fanno sentire gli abiti zuppi addosso o la violenza del temporale sui nostri capelli bagnati. Niente può fermarci, tantomeno gli occhi dei passanti: niente può impedirci di scendere in strada e cantare ad alta voce, ballare sui marciapiedi, saltare nelle pozzanghere.
Un po' come quando, da bambini, ci rotolavamo nel fango incuranti delle conseguenze (nostra madre però non era così spensierata).
E' chiaro che l'ho fatto anch'io
E so che lo farò ancora.
Così ora, nella fiera delle citazioni scontate e troppo celebri del mio blog (poiché amo i classici, che altro fare?)...potrei concludere con "La pioggia nel pineto"
ma poiché penso che anche nella storia della musica ci siano meravigliosi testi e poesie
termino con le parole di una delle mie canzoni preferite:
Raindrops keep falling on my head
And just like the guy whose feet are too big for his bed
Nothin seems to fit
Those
raindrops are falling on my head,
they keep falling
So I just did me some talkin to the sun
And I said I didnt like the way he got things done
Sleepin on the job
Those
raindrops are falling on my head
they keep falling
But there's one thing
I know
The blues he sends to meet me
wont defeat me
It wont be long till happiness steps up to greet me
Raindrops keep falling on my head
But that doesnt mean my eyes will soon be turnin red
Cryings not for me
Cause
I'm never gonna stop the rain by complainin
Because Im free
Nothings worrying me.
BUON LUNEDI' ?
E' difficile che io sia veramente triste al mio risveglio ogni mattino, così come al lunedì.
Mi spiego.
Nella mia vita le "ciclicità" hanno un'importanza fondamentale: il mese lunare, gli anni, i mesi del calendario, i giorni e le settimane hanno regole che superano quelle normali e convenzionali.
Andiamo con ordine: per un impiegato medio la settimana è un'unità di misura fondamentale e riveste un ruolo speciale per cui il lunedì è il giorno più brutto in quanto comincia la settimana lavorativa.
Il venerdì sera, invece, iniziano i momenti migliori che si concludono con la domenica.
Anche io amo il fine settimana ma disgiungerlo in maniera così netta dagli altri giorni come uno strumento per dimenticarli a me pare un assassinio della mia stessa vita. I miei colleghi si spengono il lunedì alle 8.00 per risvegliarsi il venerdì alle 17.30, liberandosi da luoghi odiosi ed odiati. Io tento di vivere un po' tutti i minuti della mia vita, amando particolarmente quelli che dedico alla musica o agli amici (che raramente sono i minuti trascorsi in un'azienda).
Probabilmente le mie settimane sono più difficili e tormentate di quelle di tanti altri, almeno ultimamente ma sul luogo di lavoro trascorro una parte consistente della mia vita che non posso certo sprecare in un letargo di emozioni ed esperienza. Inoltre le quattro sere infrasettimanali sono preziose tanto quanto le ultime tre.
In sostanza, dopo ogni difficile e combattuta settimana, il lunedì mattina ho il sorriso di chi spera di aver cancellato la precedente e poterne creare una diversa, migliore, piena di mille belle emozioni.
Così, dico, vale anche per gli anni: la notte di Capodanno è quella in cui maledico i dodici mesi terminati per attendere una felicità futura che puntualmente disattende le illusioni, quasi come il "passeggere" diceva al "venditore d'almanacchi" di Leopardi.
Il primo gennaio cancello il dolore e riapro la bocca e gli occhi al sorriso.
Le speranze di ogni primo del mese riguardano più mestamente, ahimé, il desiderio di rimpinguare un conto in banca assai deficitario.....speranze anch'esse destinate a rimaner tali a lungo...
Infine i giorni. L'alba asciuga le mie lacrime: vado a correre al fresco, sogno una giornata di lavoro in cui riesco a recuperare arretrati ed inventare soluzioni oppure mi incanto al pensiero di una serata che potrei trascorrere con gli amici o ancora indirizzo le mie illusioni e aspettative sulle ormai rare volte in cui esco con fanciulle meritevoli di interesse (ammesso che io sia meritevole della loro compagnia).
All'inizio di tutto, in fondo, sono un vero ottimista....
al termine raccolgo i cocci.
Passeggere.......Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
IL CAMPANILE DI ZAPPOLINO
Riparare le tegole rotte è una scusa.
Pare filtri dell'acqua dall'alto, non si sa bene come.
In verità rimango sul mio tetto molto più a lungo per poter guardare sotto sedendomi sui coppi incandescenti per il Sole estivo.
Per salire in cima a Via Valle Samoggia 995 come su qualsiasi tetto mi armo di spray anti vespe: i tetti sono pieni di insetti nervosi ma se loro non infastidiscono me, anche la mia arma non li colpirà. Il solaio è ad un paio di metri da terra e la mia scaletta mi permette a mala pena di raggiungerlo con le braccia per cui mi infilo issandomi con la speranza di trovare un modo anche per scendere, quando sarà il momento.
E dal tetto si vede il campanile di Zappolino.
Zappolino è il paesino un chilometro sopra il mio. La campana della chiesa è quella che regola la vita quando sono a casa mia, un po' come accadeva in tempi lontani nel senso che i suoi battiti mi indicano le ore ed alla sera, nel momento in cui parte il classico "Ave Maria" da parrocchia, so che è ora di preparare la cena.
Da terra non si può vedere ma da qui la cima bianca di quella torre è ben evidente sul lato sud est. Proprio dalla parte opposta c'è l'Abbazia di Monteveglio, che un tempo fu la mia dimora abituale mentre ad Ovest il Sole sta pian piano scendendo come ogni pomeriggio.
Ed io sono in alto perché è solo dall'alto che si può vedere il mondo.
E' stata la metafora della mia vita: ho passato migliaia di sere in cima alle mie colline per vedere il mio paese dall'alto: era l'unico modo per capire veramente cosa mi fosse successo durante la giornata e cosa potessi fare l'indomani.
Vedere le cose dall'alto, dall'esterno.
Non penso si possa riflettere nel frastuono degli avvenimenti che si succedono durante il giorno ad una velocità superiore alle mie possibilità così alla notte ripercorro tutto decidendo cosa poteva andare meglio e cosa ho fatto bene oppure costruendomi un'altra vita nella mia mente, una realtà diversa e più accettabile
Ed ora sono qui, in alto
ed è il mio Pincio, Villa Spada.
e vedo tre tegole rotte: le sistemo e mi rituffo nei 50 gradi del solaio e poi ancora nel pianerottolo, in qualche modo, rovinando sul pavimento.
INIZIO E FINE
Non piangere bambina mia,
io sembro distratto perché ho troppo da fare e mi resta così poco tempo da vivere
ma la mia carezza non è mai distratta, la mia mano sulla tua spalla cerca tra le ossa il tuo dolore e se non posso toglierlo almeno potrò sentirlo un po' insieme a te
perché il male che è in me da sempre torna a trafiggermi appena sfiora la sofferenza altrui.
Per cui non pensare io non capisca come stai perché nacqui con una corona di spine prima di ogni altra sofferenza che non fosse il venire alla vita.
Ed ora non piangere amica mia
perché abbiamo così tanto da fare e così poco tempo da vivere.
CINEMA, MUSICA, PASSI, AMORE
E MAGIE DI UN TEMPO
Perché negarlo? Io sono di certo innamorato del passato. Non voglio con questo esiliarmi da quest'epoca rifiutandola integralmente per quanto ne possa criticare la superficialità e la mancanza di sentimento ma la parte più bella di me la ritrovo proiettata in un'altra epoca.
E così la musica, il cinema che amo, lo spirito non appartengono agli anni in cui realmente ho vissuto.
Ho già detto di come, non possedendo un televisore né internet, trascorra parte del mio poco tempo libero visionando mille volte gli stessi film di Fred Astaire e Gene Kelly: inutile che io vi dia informazioni su questi due personaggi che per me costituiscono la Storia del 900 più di Churchill, Lenin o chissà chi altro.
Osservarli, amarne le movenze mentre trasportano a sé ed intorno a scenografie da sogno donne straordinarie: questo è conoscerli.
Per più generazioni abbiamo sognato di essere bravi come loro
e pronunciare solo il nome "Fred Astaire" ci mette quasi nelle orecchie un ticchettio musicale di scarpette.
Eleganza, leggerezza, padronanza
e poi quel cinema, fatto di sogni e di poesia, di amori grandissimi, di passi scanzonati, di amicizie vere e di forti passioni che non ci sembra di vedere più per l'eccessiva necessità contemporanea di mostrare sullo schermo una rappresentazione della realtà asettica o stucchevole: fare posto al sesso facile con poco impegno e pochi sentimenti
come nella vita, come le persone reali che ci circondano.
Calcoli, progetti, conteggi di denaro, matrimoni preparati minuziosamente.
Proprio i matrimoni, proprio quelli sono un esempio perfetto: le cerimonie ed i ricevimenti di oggi sono assurde ricerche di perfezione organizzativa: unico vero obiettivo di quel giorno. Dimentichiamo perché ci si sposa ancora, nel terzo millennio, quando sembra ormai fuori moda.
Oh mio Dio io voglio danzare, cantare, sognare!
Se questa è immaturità resterò bambino in eterno.
Non si sogna più.
E' vero: non si sogna più.
L'incantevole Bella di New York e Fred Astaire litigano all'uscita di un locale: sembrano non sopportarsi ma dopo pochi secondi, mentre tutti li osservano, si accorgono di essere sospesi a metri e metri da terra.
"Non potete stare lassù!"
Ed invece possono,
perché sono innamorati.
DANCIN' MAN
I wanna be a dancin' man,
While I can,
I’m gonna leave my footsteps on the sands of time,
If I never leave a dime.
Never be a millionaire,
I don't care,
I will be rich as old King Midas might have been
Least until the tide rolls in.
Let other men build the mighty nations,
Or stairways to the sky,
I'll leave a few creations
To show that I was a dancin' by.
I wanna be free as any bird can be, yes siree,
I wanna leave my footsteps on the sands of time,
If I never leave a dime, dime.
A dancin' man
With footsteps
On the sands...
Of rhythm....and rhyme.