OCCUPAZIONE DEL PIANETA TERRA
RACCONTO A PUNTATE
PARTE PRIMA
Per i miei occasionali lettori segue la prima parte di uno sciocco racconto ispirato a mille diversi scritti di fantascienza.
Spero almeno di poter strappare un sorriso se non una riflessione man mano che la storia si avvicina al curioso finale.
Ricordo quella notte terrificante e affascinante in maniera perfetta nonostante siano passati più di vent'anni. Ho benissimo in mente quell’oscurità del cielo di Londra, creata in una notte serena ma senza stelle, coperte dalla sagoma della grande astronave aliena sospesa misteriosamente sopra le nostre teste e apparentemente contro ogni forza di gravità e legge della fisica.
Non aveva molto senso fuggire di fronte all’imponenza di quella visione: il terrore misto alla curiosità si sostituirono quasi subito al panico: fu così per quasi tutti e sebbene ci fossero stati malori e persone barricate in casa davanti ai notiziari non si videro molte scene di isterismo collettivo da film di fantascienza.
I telefoni cellulari non avevano più campo in città dal momento esatto in cui l’astronave aveva parcheggiato sopra di noi ma l’effetto durò solo poche ore e ripresero regolarmente a funzionare verso l’alba. Solo pochi quartieri rimasero senza energia elettrica per un po’ ma molti lampioni smisero di funzionare per giorni nonostante ci fosse ancora luce nella maggior parte delle abitazioni. Il mezzo alieno, invece, di luci proprio non ne aveva: era scuro e buio. Chiunque lo abitasse e lo manovrasse non aveva bisogno di fari e fanali come in un’automobile: le migliaia di luci con le quali la nostra immaginazione addobbava gli avvistamenti di presunte navicelle dallo spazio dovevano essere perfettamente inutili per questi esseri.
La scena finale di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” non era esattamente quella che apparì allora davanti ai nostri occhi.
I ragionamenti, le supposizioni sulle loro intenzioni e sul nostro futuro passarono continuamente nelle nostre menti ma pochi parlavano a parte i parenti o i vicini di casa che riferivano le ultime notizie da radio e televisioni. Eravamo quasi tutti in strada con gli occhi rivolti a un cielo che potevamo vedere solo in piccola parte; tanto fissi che ci doleva la nuca quando tornavamo a posare lo sguardo a terra o davanti a noi.
Passarono diverse ore, dal loro arrivo intorno alle 21.00 fino a notte inoltrata, senza riuscire a capire e senza poter vedere novità dai nostri nuovi ospiti. Verso mezzanotte i mezzi di comunicazione erano quasi certi di poter dare un quadro mondiale completo della situazione dopo diverse segnalazioni, avvistamenti e notizie false. Le astronavi erano cinque in totale, notizia ormai definitiva e confermata, oltre che dagli inviati in tutto il mondo, dalle segnalazioni e dagli avvistamenti satellitari ed elettronici quando gli stessi oggetti volanti si stavano avvicinando alla nostra atmosfera.
Erano giunte pressoché contemporaneamente a Chicago, Kiev, Shangay, Londra e Verona. Destino volle che io, abitando a non molta distanza da quest’ultima città, mi trovassi quella settimana nella capitale Britannica.
Ancora non mi spiego perché tra quelle grandi capitali avessero inserito Verona. Non che la scelta degli altri luoghi, in particolare Kiev, fosse molto più chiara dall’inizio ma Verona era proprio incomprensibile.
In molti paesi del mondo si erano alzati in volo caccia e velivoli di ricognizione ma nessuno ovviamente aveva osato minacciare o tantomeno colpire a fuoco: la prudenza poteva evitare una risposta di armi probabilmente superiore a qualsiasi immaginazione. Le stesse dimensioni dei nuovi arrivati scoraggiavano mosse avventate contro quelli che potevano anche essere amici venuti da lontano.
Il mattino seguente gli alieni decisero di scendere a terra. Niente raggi trasportatori o navicelle: lentamente (ma la cosa terrorizzò tutti quanti e molti cominciarono a scappare a quella vista) una sorta di grande passerella telescopica e inclinata cominciò a prolungarsi dall’astronave fin quasi a toccare terra a un paio di chilometri da dove risiedevo io. Un processo che durò quasi mezz’ora dall’altezza di circa settecento, ottocento metri dal suolo quale poteva essere all’incirca quella di partenza. Subito dopo cominciarono a scendere oltre un centinaio di mezzi grandi come furgoni ma senza ruote: slittavano sospesi a mezzo metro dalla passerella e allo stesso modo erano sollevati quando raggiungevano il suolo terrestre ma non erano evidentemente in grado di volare. Lo stesso accadde nelle altre quattro città “occupate” mentre un grande dispiegamento di militari e forze dell’ordine allontanava le folle a terra e si schieravano pronti per ricevere adeguatamente chiunque fosse uscito da quei mezzi o chiunque tentasse un’ azione di forza di qualche genere.
Questi veicoli assomigliavano a grossi Maggioloni Wolkswagen senza fanali, curvi e apparentemente senza uscite o entrate se non un grosso foro sul davanti. A quel punto io ero in appartamento e seguivo la scena quasi solo dal televisore ma da quasi tutta la città si poteva ammirare in lontananza parte di quello spettacolo.
Questa lunga parata di macchine tutte uguali color petrolio esattamente come l’astronave terminò con un ordinato posizionamento a terra, a tre a tre, lungo il corso principale.
Proprio a Londra e non nelle altre città, il primo mezzo sceso sul Pianeta, si aprì dall’alto attraverso una portiera inizialmente non visibile in quanto, come detto, apparentemente i mezzi non presentavano fessure sulla superficie.
Finalmente scese il primo alieno, erano le 7.30 del mattino.
Si può immaginare quale sensazione di curiosità e paura stranamente mescolate provocò in tutti la vista di quell’essere antropomorfo con testa e arti, dritto in piedi come un umano e alto almeno due metri ma rivestito di apparecchiature e congegni un po’ ovunque tanto da rendere difficile comprendere meglio la sua fisionomia.
Guardava dritto di fronte a sé, senza mai voltarsi intorno. Dico guardava ma non sembrava avere occhi ma solo due buchi al centro della faccia semi coperta da un elmetto: due buffi fori su un accenno di proboscide che parevano il naso di un suino ma ero sicuro come tutti che potessero essere il suo organo visivo. Dopo pochi passi si vide alle sue spalle un essere completamente diverso ma saldamente attaccato al suo corpo. Sembrava un grosso serpente che si muoveva sulla parte posteriore del corpo dell’alieno. Non era una coda né un organo di qualche tipo: era proprio un’entità distinta, forse l’ ”animaletto domestico” dell’alieno. Osservandolo meglio, più che un serpente somigliava a un polipo con soli due tentacoli perché la testa non era in uno dei capi ma al centro del corpo, sempre senza occhi e con un foro in cima simile a una piccola bocca.
L’alieno si fermò a una ventina di metri dagli uomini armati schierati di fronte a lui e subito squillarono i telefoni cellulari di alcuni ufficiali presenti: suonarono tutti insieme ma provando a rispondere non sentirono voci dall’altra parte e sui display apparvero una serie di punti, asterischi e altri simboli anziché le cifre del telefono del possibile interlocutore. Fu ovvio fin da subito che si trattava di un primo tentativo di comunicazione del nuovo arrivato. Tutti i telefonini in zona suonarono ancora insistentemente in più occasioni e quelli dotati di connessione Internet si collegarono automaticamente mostrando pagine apparentemente casuali del web, una dopo l’altra, in una velocissima sequenza. Questo accadde anche per gli apparecchi di tante persone che abitavano a poca distanza e molti personal computer sembravano impazziti durante queste operazioni.
Attesi cinque minuti in questo modo su tutti questi display dei cellulari apparve una scritta chiara ed evidente, un SMS:
“Portate qui a noi la Regina di Gran Bretagna”.
....CONTINUA