venerdì 27 luglio 2012

ALFONSINA MORINI E L'ITALIA DEL GIRO


BELLEZZA IN BICICLETTA


Il 9 dicembre del 1950 si celebrano le nozze di Alfonsina Morini, (vedova Strada) e di Carlo Messori, un ex ciclista Torinese. 
Mentre amici e parenti lanciano fiori agli sposi davanti a una chiesetta della periferia milanese, da una finestra vicina si sente cantare “Ma dove vai, bellezza in bicicletta? Così di fretta pedalando con ardor…”. Lei sorride e guarda negli occhi il neo marito. Anche molti invitati ridono di quella coincidenza e alcuni rifanno il verso alla canzone del momento canzonando la sposa.

Ventisei anni prima, il 10 maggio del 1924, partiva la prima tappa del Giro d’Italia: ancora oggi una delle più classiche corse ciclistiche al Mondo ma che già ai tempi incollava alle grosse radio dell’epoca le orecchie di tanti sportivi italiani. La Gazzetta dello Sport, storica creatrice e organizzatrice dell’evento a cui si deve il colore della maglia del vincitore, aveva annotato tra gli iscritti tale “Alfonsin Strada” che sulle pagine del Resto del Carlino fu trascritto subito come “Alfonsino Strada”. 
Solo alla partenza da Milano, tra i campioni dell’epoca, la clamorosa notizia fu evidente a tutti: una donna avrebbe partecipato al “Giro”.

La storia in realtà è molto lunga e comincia nel 1901 quando Carlo Morini, un poverissimo bracciante di Rastellino di Castelfranco Emilia trasferitosi con la famiglia a Castenaso di Bologna alla fine dell’ottocento, porta a casa una bicicletta che diventerà la grande passione della sua secondogenita. Il prezioso mezzo di trasporto, in verità, era tutto fuorché destinato a lei: la bici in Italia non era decisamente uno sport per femmine, non lo sarebbe stato ancora per molti decenni e vedere una ragazza sfrecciare su due ruote non piaceva molto agli stessi suoi genitori.

Alfonsina però faceva sul serio e cominciò a vincere parecchie gare locali facendo mangiare polvere a diversi maschietti prima tra Modena e Bologna ma col tempo anche in gare nazionali nella grande e moderna Torino, dove l’accoppiata ragazza-pedale destava decisamente meno scandalo che tra i campi di granoturco della bassa bolognese. Proprio a Torino, nel 1911, stabilisce il primato mondiale femminile dell’ora.

La ragazza viene notata da impresari sportivi, comincia a vedere un po’ di soldi e si trasferisce a Milano, la Capitale del ciclismo italiano. Correrà in Francia e persino in Russia accompagnata dal campione Messori (quello che sposerà in seconde nozze) ma prima, a Milano, ha la fortuna di conoscere una persona straordinaria: il suo primo marito Luigi Strada
Luigi non è un ciclista anche se ama sinceramente questo sport. E' un onesto lavoratore, artigiano ma soprattutto un uomo moderno e in controtendenza rispetto all’epoca il quale, anziché scoraggiare la moglie per relegarla ai ruoli classici di madre e donna di casa, le regalerà una bicicletta nuova e più professionale per spronarla verso altri successi e soddisfazioni.

Nel 1924, così, la storia ci consegna l’unica partecipante donna al Giro d’Italia maschile in oltre cento anni di Storia. La sua presenza fu contrastata, nonostante la buona volontà degli organizzatori e i buoni risultati di quella partecipazione (giunse al termine di tutte le tappe che all’epoca erano massacranti e interminabili) ma anche a dispetto di attestati di stima della “star” Girardengo. Il maschilismo impedì che si ripetesse quel caso e si crearono i regolamenti per impedire che si ripetesse quel confronto che poteva fornire un immagine femminile molto lontana dall’idea che hanno sempre avuto (e talvolta hanno ancora) i rappresentanti dell’altro sesso.

E così torniamo al 1950, mentre sulle Alpi a sfidarsi ci sono Bartali e Coppi. Torniamo a quel matrimonio con Messori ma anche a quella popolare canzone di D’Anzi e Marchesi che, con ironia ma sempre con una punta di maschilismo, si ispirava proprio all’immagine di quella ragazza che per tanti anni partecipò a grandi imprese sportive. 

Alfonsina lasciò la bicicletta ben dopo i sessantanni  ma solo per inforcare la sua potente Moto Guzzi 500 che guiderà spavalda fino al giorno della sua morte, proprio a causa di un banalissimo e sfortunato incidente con l’affezionatissimo bolide.










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