BELLEZZA IN BICICLETTA
Il 9 dicembre del 1950 si celebrano le nozze di Alfonsina Morini, (vedova Strada) e di Carlo Messori, un ex ciclista Torinese.
Mentre amici e parenti lanciano fiori agli sposi davanti a una chiesetta della periferia
milanese, da una finestra vicina si sente cantare “Ma dove vai, bellezza in
bicicletta? Così di fretta pedalando con ardor…”. Lei sorride e guarda negli
occhi il neo marito. Anche molti invitati ridono di quella coincidenza e alcuni
rifanno il verso alla canzone del momento canzonando la sposa.
Ventisei anni prima, il 10 maggio del 1924, partiva la prima
tappa del Giro d’Italia: ancora oggi una delle più classiche corse ciclistiche
al Mondo ma che già ai tempi incollava alle grosse radio dell’epoca le orecchie
di tanti sportivi italiani. La Gazzetta dello Sport, storica creatrice e organizzatrice
dell’evento a cui si deve il colore della maglia del vincitore, aveva annotato
tra gli iscritti tale “Alfonsin Strada” che
sulle pagine del Resto del Carlino fu trascritto subito come “Alfonsino Strada”.
Solo alla partenza da Milano, tra i campioni dell’epoca, la clamorosa notizia fu evidente a tutti: una donna avrebbe partecipato al “Giro”.
Solo alla partenza da Milano, tra i campioni dell’epoca, la clamorosa notizia fu evidente a tutti: una donna avrebbe partecipato al “Giro”.
La storia in realtà è molto lunga e comincia nel 1901 quando
Carlo Morini, un poverissimo bracciante di Rastellino di Castelfranco Emilia
trasferitosi con la famiglia a Castenaso di Bologna alla fine dell’ottocento, porta
a casa una bicicletta che diventerà la grande passione della sua secondogenita.
Il prezioso mezzo di trasporto, in verità, era tutto fuorché destinato a lei:
la bici in Italia non era decisamente uno sport per femmine, non lo sarebbe
stato ancora per molti decenni e vedere una ragazza sfrecciare su due ruote non
piaceva molto agli stessi suoi genitori.
Alfonsina però faceva sul serio e cominciò a vincere parecchie gare locali
facendo mangiare polvere a diversi maschietti prima tra Modena e Bologna ma col
tempo anche in gare nazionali nella grande e moderna Torino, dove l’accoppiata
ragazza-pedale destava decisamente meno scandalo che tra i campi di granoturco
della bassa bolognese. Proprio a Torino, nel 1911, stabilisce il primato
mondiale femminile dell’ora.
La ragazza viene notata da impresari sportivi, comincia a
vedere un po’ di soldi e si trasferisce a Milano, la Capitale del ciclismo
italiano. Correrà in Francia e persino in Russia accompagnata dal campione
Messori (quello che sposerà in seconde nozze) ma prima, a Milano, ha la fortuna
di conoscere una persona straordinaria: il suo primo marito Luigi Strada
Luigi non è un ciclista anche se ama sinceramente questo sport. E' un onesto lavoratore, artigiano ma soprattutto un uomo moderno e in controtendenza rispetto all’epoca il quale, anziché scoraggiare la moglie per relegarla ai ruoli classici di madre e donna di casa, le regalerà una bicicletta nuova e più professionale per spronarla verso altri successi e soddisfazioni.
Luigi non è un ciclista anche se ama sinceramente questo sport. E' un onesto lavoratore, artigiano ma soprattutto un uomo moderno e in controtendenza rispetto all’epoca il quale, anziché scoraggiare la moglie per relegarla ai ruoli classici di madre e donna di casa, le regalerà una bicicletta nuova e più professionale per spronarla verso altri successi e soddisfazioni.
Nel 1924, così, la storia ci consegna l’unica partecipante donna al Giro d’Italia maschile in oltre cento anni di Storia. La sua presenza fu contrastata, nonostante la buona volontà degli organizzatori e i buoni risultati di quella partecipazione (giunse al termine di tutte le tappe che all’epoca erano massacranti e interminabili) ma anche a dispetto di attestati di stima della “star” Girardengo. Il maschilismo impedì che si ripetesse quel caso e si crearono i regolamenti per impedire che si ripetesse quel confronto che poteva fornire un immagine femminile molto lontana dall’idea che hanno sempre avuto (e talvolta hanno ancora) i rappresentanti dell’altro sesso.
E così torniamo al 1950, mentre sulle Alpi a sfidarsi ci sono Bartali e Coppi. Torniamo a quel matrimonio con Messori ma anche a
quella popolare canzone di D’Anzi e Marchesi che, con ironia ma sempre con una
punta di maschilismo, si ispirava proprio all’immagine di quella ragazza che per
tanti anni partecipò a grandi imprese sportive.
Alfonsina lasciò la bicicletta ben dopo i sessantanni ma solo per inforcare la sua potente Moto Guzzi 500 che guiderà spavalda fino al giorno della sua morte, proprio a causa di un banalissimo e sfortunato incidente con l’affezionatissimo bolide.
Alfonsina lasciò la bicicletta ben dopo i sessantanni ma solo per inforcare la sua potente Moto Guzzi 500 che guiderà spavalda fino al giorno della sua morte, proprio a causa di un banalissimo e sfortunato incidente con l’affezionatissimo bolide.