mercoledì 30 dicembre 2009

BUON 2010

PRIMO GENNAIO




Il terzo bicchiere di spumante probabilmente era troppo

troppo per chi già aveva ecceduto a cena tra bianco e rosso.

"BUON 2010!"

Riuscii ugualmente a ballare fino a tardi: non mi sentivo male e neppure così intontito, almeno fino all'ultimo bicchiere. Il terzo bicchiere di spumante, appunto.
Pensai a Cristina, la pensai ad un'altra festa, la pensai con un altro uomo ed il dolore per un attimo mi fece dimenticare che l'anno era già finito e che un colpo di spugna avrebbe cancellato tutto: ero lì per quello, per non pensarci. Il dolore non esiste, Cristina uguale passato, Paolo uguale futuro. Pensa a te stesso, pensa a te stesso, riparti dalla nuova vita, ricostruisci i pezzi mancanti, dai valore al tuo lavoro, alle tue passioni.
Pensa a te stesso, pensa a te stesso.

Il dolore si rinascose nel fegato, sempre presente ma più lieve, in pausa ed in agguato al tempo stesso ma riuscii a dominarlo ridendo forte e pronunciando il suo nome nella mia mente. "AH AH! E' stata une bella parentesi della mia vita! FI-NI-TA. Cristina uguale passato, Paolo uguale futuro"

Potevo continuare a ballare.
 
"BUON 2010 Elisa! BUON 2010 Mary! BUON 2010 Veronica!"

C'erano così tante ragazze lì ed io avevo speso un anno della mia vita con quella sbagliata. Alcune di quelle che stavo abbracciando in quei momenti avevano anche cercato qualche approccio con me che invece vedevo solo Lei, sempre Lei accidenti!

"BUON 2010!"  Era finito questo schifo di 2009, finito grazie a Dio!

1 gennaio 2010 a casa mia, la festa a casa mia che avevo pensato molto tempo prima. Che avevamo pensato in due.

Lasciamo perdere.

Non stavo più bene. Pensai di adagiarmi un momento in camera da letto, cinque minuti per riprendermi.
Mi addormentai in diagonale, con la testa dalla parte dei piedi che invece penzolavano a pochi centimentri dal cuscino.



Al mio risveglio era già pieno giorno. Silenzio assoluto. Solo il transito di un'automobile a pochi metri dalla mia finestra a piano terra.
Richiudo gli occhi per riaprirli pochi secondi dopo.
Non c'è nessuno.

"Che figura! Non saranno riusciti a svegliarmi e saranno andati via senza salutare."

La mia camera era come l'avevo lasciata la sera prima ma io avevo dormito sotto le lenzuola,con il cuscino normalmente sotto la testa. Mi avevano persino sistemato nel letto.
Qualcuno aveva spostato alcuni oggetti nella stanza: una valigia in alto, il tappeto.
La foto di Cristina era sparita e non ricordavo di averla tolta: pensavo che nessuno dovesse entrare in camera mia per cui non avevo avuto il coraggio di toglierla, non ancora anche se non volevo lasciare immaginare che pensassi ancora a lei.

Feci pochi passi fuori dalla stanza e mi fermai come in un incubo. Qualcuno aveva bevuto quanto me e si era divertito un po' ovunque a spostare oggetti, togliere quadri.
Altri passi. In cucina.
Tutto era pulito. Forse Silvia, Betty mentre dormivo avevano messo a posto.
Tutto in ordine. Cominciai a guardare nei cassetti, nei pensili. Non solo era tutto a posto e pulito ma anche nel modo in cui lo avrei fatto io. Forse non ricordavo, forse sono sonnambulo.
Il frigo. "Mio Dio" dentro c'erano altre cose, altro cibo che non avevo comprato io. Ricordavo benissimo di aver finito il burro ed ora ne trovavo più di mezo panetto. Tutto era diverso. Cosa diavolo era successo?
Forse era già pomeriggio anche se non sembrava dalla luce. Guardai la sveglia: 10.45 del mattino. Controllai l'orologio nello studio: 10:46
Pensai addirittura fosse già il 2 gennaio e qualcuno avesse mangiato in casa mia vegliandomi. Che assurdità! mi avrebbero portato in ospedale! O forse c'ero già stato? Forse non era niente di grave ed ero stato dimesso e qualcuno aspettava il mio risveglio da un momento all'altro.
Ma non c'era nessuno.
Controllai in giardino.
Nessuno.
Controllai la sveglia
primo gennaio, 2 gradi centigradi.

"BUON 2010!" pensai. Cominciamo bene. "Buon 2010....."
Osservai un attimo il calendario in cucina lasciandomi cadere sul divano ad angolo: uno dei tre mutui che stavo ancora pagando per un capriccio di Cristina.
Anche il calendario non era lo stesso: non si erano accorti che avevo già  appeso il calendario nuovo della Banca?
"Che stupidaggine" pensai guardando il numero più grande a 4 cifre
Mi avvicinai alzandomi in piedi per poter vedere bene.
Presi in mano il calendario sganciandolo dall parete e finalmente i miei occhi si spalancarono.

Corsi in camera da letto per cercare l'orologio da polso, spinsi un pulsante e il cuore mi saltò in gola.

era di certo un incubo.

Accesi la radio, girai tutte le stazioni cercando la voce di qualcuno.



"......Come avete passato l'ultimo dell'anno? Avete bevuto eh?......"
Questa frase accompagnata in sottofondo dalle note di una canzone sconosciuta attirò la mia attenzione

".....beh amici all'ascolto...per chi è già cosciente.....per chi è riuscito ad alzarsi prima di mezzogiorno..... noi siamo sempre qui a tenervi compagnia

in questo

primo

gennaio

2011





n12-black-300

lunedì 7 dicembre 2009

DI RAME E DI ACCIAIO

LA PENTOLA




Una pentola mi sembrò troppo larga, un'altra stretta.

Quella fonda certo no e nemmeno la casseruola.
Quella che preferii non potevo permettermela.
Provai a contrattare sul prezzo ma non ottenni che uno sguardo di commiserazione e tornai a casa pensando che in fondo mi piacciono i cibi freddi. 

 
In realtà nella mia mente si fissò per giorni e giorni l'immagine ed il profumo di una speziatissima pasta e fagioli

pentole-pots-Alessi

venerdì 30 ottobre 2009

LE CITAZIONI PERPETUE

IL DIARIO DI SCUOLA DELLE RAGAZZE


 


Lo ammetto: giro spesso tra community e blog, leggendo i "post" dai titoli più curiosi e quello che scrivono le ragazze, di qualsiasi età, è mediamente più interessante di quanto scrivano gli uomini.


Ma proprio le "femmine" sono responsabili di un crimine che si protrae da più di vent'anni, dai Diari ai blog.


sì perché il blog non è poi molto diverso dal diario di scuola: anche questi mi interessavano moltissimo e li leggevo tutti, li commentavo osservando quelle pagine colorate dalle ragazze, piene di stelline e cuoricini che rispecchiavano un mondo tanto più bello di quello di noi maschi, con diari pieni solo di scudetti del pallone e poco senso artistico.


Le compagne di classe riuscivano a trasmettere su quelle pagine il grande bisogno di esprimersi, di interagire anche partendo dall'anima mentre "noi" eravamo tanto chiusi, falsamente forti tanto da nascondere con la volgarità il bisogno di essere amati. Con il pallone il bisogno di voler bene ad un amico.


Ma non di questo volevo parlare      e qui torno al "crimine" a cui accennavo poche righe più in alto:


 


LA CITAZIONE SCONTATA


 


Intendo dire che sulla quasi totalità di blog e diari che ho visto e sfogliato negli anni appaiono costantemente alcune strofe, poesie, stralci di racconti, leggende metropolitane ed aforismi che ormai nauseano persino quando sono pensieri geniali e altissime opere d'arte.


procedo quindi alla:


 


CLASSIFICA DELLE CITAZIONI SCONTATE PRESENTI SULLA QUASI TOTALITA' DI BLOG E DIARI DELLE RAGAZZE.


 


DECIMO POSTO : Per il mondo non sei nessuno ma per qualcuno sei il mondo


anche in versione lingua inglese, autore anonimo


NONO POSTO:  La vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia


Di recente apparsa per ovvi motivi, l'autore è Rossi Vasco


OTTAVO POSTO:  La storia della Gazzella e del Leone che ogni giorno in Africa si devono svegliare presto ed iniziare a correre se vogliono campare.


E' tra le più vecchie, recentemente meno usata per il fatto di essere stata ridicolizzata da un noto trio comico. Parecchi anni fa questo fu anche il testo di uno spot NIKE ma continuò a comparire sui diari con la stessa frequenza.


SETTIMO POSTO:  La favola brasiliana del ragazzo che vede le sue orme e quelle di Cristo che lo accompagna, poi si lamenta con il Signore perché da un certo punto, nel momento più difficile, ci sono solo un paio d'orme ma Cristo risponde che è perché Lui lo teneva in braccio.  


Qui perdonatemi ma non conosco l'autore che in molte versioni appare come anonimo brasiliano.


SESTO POSTO:    Non piangere perché è finita, sorridi perché c’è stata.


Anonimo anche qui, si riferisce alla "storia d'amore" ma personalmente la ritengo valida anche per la torta al mascarpone
 


QUINTO POSTO:   La vita è come la scala del pollaio... corta e piena di m.....


Volevo evitare le citazioni meno meritevoli come questa......ma è decisamente tra le più inflazionate. Autore ovviamente anonimo


 QUARTO POSTO:


SCUOLA


S= societa
c=che
u=uccide
o=ogni
l=libero
a=alunno....   (oggi in versione "ke" al posto di "che")


 


incredibile, questo acronimo pare risalga agli anni 40 !!!!


 TERZO POSTO:       GAETANO E ANNAMARIA 3 METRI SOPRA IL CIELO    (oppure "IO E TE 3MSC" per non stancarsi)


Questa è anche una frase da "muro", i due nomi citati sono solamente un esempio quindi puramente casuali (o quasi). L'autore è Moccia e l'uso di questa frase è dovuto all'altissima popolarità del film e quindi del libro a prova di analfabeta che hanno contagiato migliaia di adolescenti. 


SECONDO POSTO: La poesia  Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine ecc. ecc.


A quanto pare falsamente attribuita a Neruda dalla quasi totalità di persone che la citano, compreso l'ex Guardasigilli Clemente Mastella nel noto discorso al Senato per la fiducia al governo Prodi.


PRIMO POSTO:     :   Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi.


Vince in assoluto. Quasi tutti citano anche la fonte ovvero "il Piccolo Principe" dello scrittore/aviatore De Saint Exupery. Molti passaggi di questo capolavoro meriterebbero di essere citati e conservati nel cuore. Questa riflessione è estrapolata da una serie di frasi che la volpe dice al Principe: è un bellissimo pensiero ma il suo uso in stile "copia ed incolla" su blog e diari lo ha ormai privato di ogni significato.....


 


 


bacio

Nella Foto un capolavoro di arte umbra : una carta argentata ed una semi trasparente con una frase d'amore in più lingue sono un po' in tutti i diari delle ragazze o quasi (c'era anche nei miei).
Ma in fondo cosa c'è di male nell'accartocciare nella stagnola un meraviglioso pensiero di Baudelaire o Shakespeare imbrattandolo di cioccolato alla nocciola?


Per molti restano gli unici versi amati e letti in tutta la vita......

mercoledì 28 ottobre 2009

I CERCHI NEL GUANO

UFO E PUNTI DI VISTA



Una canzone assai nota dalle mie parti (Bologna) del cantautore Andrea Mingardi racconta di un contadino convinto di aver visto un marziano in mezzo alla campagna a San Giovanni In Persiceto.
La località non è casuale, si tratta di un grosso centro con qualche decina di migliaia di abitanti che, come tutti i paesi della bassa fino a ferrara, è circondato da campi, campi e campi. L'idea di un bolognese della città o delle colline come me è che, oltre la Via Emilia, ci siano solo contadini e nebbia anche se poi non è proprio così.

L'UFO, da sempre ha come luogo prediletto di invasione del nostro pianeta la campagna. Gli atterraggi di extraterrestri necessitano probabilmente ampi spazi che però si possono trovare un po' ovunque nel nostro pianeta.
No. ET vuole la campagna perché probabilmente non vuole intralciare il traffico e creare disordine. Appare con mille luci ma non vuole essere notato. Preferisce essere fotografato da pessimi fotografi con macchine sfocate o con infrarossi in modo da finire su giornaletti per amatori piuttosto che quotidiani ad alta tiratura.

L'UFO vuol farsi vedere ma non da tutti, sa benissimo che le sue apparizioni sono clamorose ed eclatanti ma gode nel sapere che non possono essere dimostrate e che rimane sempre il dubbio del "ma chissà se l'han visto davvero". Sono un po' come i mostri dei fiumi e dei canali che facevano paura ai nostri nonni. C'eran sempre dei testimoni oculari ma questi mostri non si sono mai trovati. Ci tenevano a mostrarsi ed impaurire ma non volevano dare prove della loro esistenza.

D'altronde anche quando noi visitiamo la Luna o Marte, gli abitanti locali fanno di tutto per nascondersi mentre in realtà sappiamo che in quei deserti di sabbia rossi si nascondono enormi civiltà ed astronavi timide che si insabbiano proprio quando visitate da astronauti e sonde terrestri.

Per quanto persone che studiano tutta la vita (nelle università e nei luoghi adatti, non sui libri di fantascienza)  dimostrino che nel nostro sistema solare non possono esserci forme di vita evolute e forse nemmeno al livello di un batterio o di una proteina..... numerosissimi esimi diplomati tentano di trovare prove che li smentiscano o cercano file misteriosi dei governi e frasi criptiche di Neil Armstrong per asserire il contrario e regalarci fratelli vicini.

E per quanto si possa smentire il relativismo e la fisica degli ultimi cento anni, gli extraterrestri più lontani dovrebbero vivere migliaia di anni per visitare con tranquillità il nostro pianeta. Un minimo di diversi anni, più facilmente centinaia può durare un viaggio di questi. Tutto per un paio d'ore di cerchi nel grano ma c'è una logica. Pensate a chi va al mare solo di domenica e fa 3 ore di coda sull'autosole all'andata e tre ore al ritorno per fare mezz'ora di bagno al mare e leggere "Grazia" o la "Gazzetta dello Sport". In fondo sono simili a noi.

Oggi è molto fuori moda credere a draghi e streghe. Mille anni fa quasi tutti ci credevano ma oggi no. Sarebbe improponibile. Persino Dio e le religioni sono fuori moda, a meno che non propongano vestiti caratteristici e teorie rivoluzionarie che permettano di sentirsi molto "in" tra la gente comune.
Siamo nel 2000 ed è giusto credere negli UFO che vogliono che tutti sappiano che ogni tanto passano, con astronavi che sfidano tutte le possibilità della fisica, per fare pipì in un campo e confrontarsi con l'intelligenza degli abitanti terrestri (che loro credono essere principalmente graminacee o talpe evidentemente)

No, neppure questo è del tutto vero, no. Perché si interessano anche di noi umani con un hobby abbastanza discutibile: il rapimento.
Il problema è che, ahimé, questi soggetti finiscono sempre per restituirceli e ci tocca ritrovarceli sullla metà dei canali televisivi con le loro interviste esclusive nelle quali dicono più o meno niente se non che si tratta di un'esperienza che segnerà per sempre la loro vita.

Forse il fulcro di tutto è il punto di vista. Mi ricordo che una volta vidi quattro luci di grandi dimensioni girare in tondo nel cielo della sera, tra poche nuvole ed una mezza Luna. Ero in giardino ed a pochi metri da me ilmio vicino di casa osservava la stessa scena. Mentre lui decise di prepararsi ad un attacco marziano io cercai di capire quale fonte di luce proiettasse quello strano movimento (ovvero la discoteca Kiwi di Piumazzo di Castelfranco). Punti di vista.

sabato 17 ottobre 2009

PENSIERO...

ASSENZA


Vorrei che tu fossi qui...
ed io lì...
così non ci vedremmo ugualmente

martedì 29 settembre 2009

IL MONDO DELLE DONNE

RAGAZZE E DONNE



Non so dove sarei senza loro

Le ragazze

sono state il motore della mia vita e delle mie passioni. La loro vita e il loro mondo ha su di me un fascino incredibile e non posso limitarmi ad osservarle ridendo di loro come un uomo dovrebbe fare. Ho la necessità di condividere una parte della loro vita, di provare piacere nel partecipare dei loro segreti, pur con i difetti e la leggerezza di un uomo. Nonostante un'essenza diversa.

La realtà è che l'uomo da sempre odia il mondo delle donne ed io non riesco ad essere parte di questo pensiero. Senza le ragazze io sono in bianco e nero perché loro possiedono quelle sfumature di colore che mancano ai maschi. L'uomo che ama crea poesie che muovono lo spirito femminile. Nemmeno il poeta stesso è così innamorato della sua arte come la fanciulla che l'ascolta.

Liszt suonava facendo innamorare Parigi e chissà quante signore. Erano queste ultime a perdersi ed inebriarsi tra le melodie più di tanti professori e musici della Capitale d'Europa. La loro passione per il giovane ungherese passava prima dalle note e poi dai suoi occhi e dai capelli biondi. La passione degli uomini passa prima dagli occhi fino ad apprezzare pian piano il resto.

tutti creano l'arte ma le donne la assorbono dentro più di noi uomini ed io comprendo il bello più dai loro occhi al mio cuore, dalle loro parole che con l'osservazione diretta.

Cosa sarei senza di voi?
Come potrei visitare una città in pieno giorno senza pensare a qualcuna di voi? Come posso raccogliere un fiore se non pensando a chi vorrei donarlo? Come guardare un tramonto o aspettare l'alba senza un viso in mente?

Come è tutto più saporito quando ci sono anche ragazze accanto. Ogni gesto o attività acquista valore, profondità.

La vita di un uomo può essere meravigliosa solo se arricchita dalla loro vivacità intellettuale almeno quanto le nostre amiche hanno necessità di noi uomini per alleggerire la loro tensione, hanno bisogno della nostra energia e fantasia sciocca per rendere allegra una serata.

Sarò vivo finché avrò belle amiche ad aiutarmi a capire il mondo.


 
 antonio_canova_venere_italica
 



SHE'S ALWAYS A WOMAN


She can kill with a smile
She can wound with her eyes
She can ruin your faith with her casual lies
And she only reveals what she wants you to see
She hides like a child,
But she's always a woman to me

She can lead you to love
She can take you or leave you
She can ask for the truth
But she'll never believe you
And she'll take what you give her, as long as it's free
Yeah, she steals like a thief
But she's always a woman to me


CHORUS:
Oh--she takes care of herself
She can wait if she wants
She's ahead of her time
Oh--and she never gives out
And she never gives in
She just changes her mind

And she'll promise you more
Than the Garden of Eden
Then she'll carelessly cut you
And laugh while you're bleedin'
But she'll bring out the best
And the worst you can be
Blame it all on yourself
Cause she's always a woman to me
--Mhmm--

Bridge

CHORUS:
Oh--she takes care of herself
She can wait if she wants
She's ahead of her time
Oh--and she never gives out
And she never gives in
She just changes her mind

She is frequently kind
And she's suddenly cruel
She can do as she pleases
She's nobody's fool
And she can't be convicted
She's earned her degree
And the most she will do
Is throw shadows at you
But she's always a woman to me

lunedì 10 agosto 2009

DI LEGGENDE METROPOLITANE

RIPESCANDO NELLA STORIA


 


Dagli anni 90 fino al principio di questo secolo, quelle che ora chiamiamo "Leggende metropolitane" erano diventate una moda tanto che, nonostante molti ancora le subissero con incredibile ingenuità, altrettanti si vantavano di conoscerne diverse o di saperle individuare e chiamare per nome.


La popolarità del genere è rintracciabile addirittura in libri e film come il semi conosciuto "Urban legend". Anche in Italia l'argomento è stato più volte sfiorato in discussioni e canzoni come "Coccodrilli" di Bersani ma ancor più "Mio Cuggino" degli Elio e le storie tese" che individuarono nel titolo quello che era proprio l'elemento trainante delle leggende metropolitane italiane ovvero la necessità di confutarle indicando spesso come protagonista un parente. Una piccola menzogna necessaria per condividere un fatto incredibile senza essere tacciati di creduloneria.


A dire il vero il peggio come sempre vive in televisione dove Voyager si occupa tranquillamente di alcune di queste storie analizzandole con metodi pseudo scientifici come se potessero aver qualche fondo di verità (un esempio sono i complotti mondiali ed i terribili segreti riguardo le scie "strane" di alcuni aerei da caccia).


Internet sembrava aiutarci a smascherare tutto e ridere di queste cose. Invece milioni di persone ogni giorno partecipano a catene di Sant'Antonio che risolvono i problemi dell'umanità, a collezioni di nomi e cognomi che girano di indirizzo in indirizzo fino a ritornare magicamente piene di nomi e cognomi da una benemerita associazione che le spiattellerà sul tavolo dell'Ayatollah per indurlo ad abdicare e lasciare spazio alla democrazia. Per non dire di come, attraverso mail senza data riusciamo a trovare un rene o un gruppo sanguigno raro molto prima dei sistemi ospedalieri e delle banche dati collegate in tutta Europa.


Ora vorrei proporre qui una delle mie consuete "classifiche" riguardo questo genere ma vorrei analizzare qualcosa di meno consueto ovvero le "radici". Gli antenati di questo genere.


CLASSIFICA DEGLI ANTENATI DELLA LEGGENDA METROPOLITANA


1) Elvis non è morto ma vive in Australia con barba ed occhiali scuri.


2) Anche Hitler non è morto ma si è nascosto bene  (purtroppo questa leggenda è reale per molti dei suoi più grandi estimatori ed attuatori di nefandezze, nascosti per decenni dai governi Sudamericani)


3) Le storie di fantasmi. Non è solo superstizione. Laddove non c'è una visione diretta e quindi una probabile suggestione spesso si utilizzavano inventate testimonianze di cugini ed amici per accertare la presenza di misteri in alcuni luoghi. A volte era puro svago, in altre si trattava di tenere persone lontane da certi posti ottenendo spesso l'effetto opposto.


4) Sesso nella pre adolescenza. In qualunque generazione alle scuole medie, sapendo pochissimo sull'argomento arrivava spesso qualcuno con notizie ed informazioni assurde o episodi falsamente allarmanti (farlo da soli provoca cecità è solo il minimo esempio...)

5)


continua....

martedì 21 luglio 2009

L'ORANGO NEL FANGO

RIME E RAME



 


 


L'orango nel fango mangiando il suo mango gridava: "Non piango"


ma il bongo suonava quel tango stonato e quindi l'orango,


mangiando il suo mango, dipinse di bianco quel viso suo stanco


 


 




c'è un cane di rame che mangia un salame: che fame! che fame!


"ma non c'è più pane" gli dicon due rane e il cane di rame non mangia il salame:


se non c'è più pane mangiare fa male.

lunedì 29 giugno 2009

DELLA CORSA

L'UOMO CHE CORRE


 


Un uomo che corre, che corre così veloce come io so fare


è un uomo che fugge


oppure che insegue.


Chi lo osserva così seminudo dalla sua automobile non sa se compatirlo o comprendere il significato della sua corsa. Alla fine, però, lo deride tra sé perché la fatica non ha senso se non produce denaro.


Ma la corsa ha un grande senso: si fugge o si insegue. Chi fugge cerca qualcosa di meglio, una parte migliore di sé che non è quella che vedi il resto della giornata ma che dovrebbe invece vedersi. La faccia "bella", la forza pura. Chi fugge ha una realtà dietro, una parte di sé che odia.


Chi insegue cerca un sogno più grande, un obiettivo che può essere lo stesso di chi fugge


ed è proprio questo il punto:


che differenza c'è tra chi fugge e chi insegue?


 


Ma la risposta è semplice: chi fugge da qualcosa inizialmente ha più motivazioni, ha bisogno di correre per salvarsi.


Chi insegue qualcosa di grande, però, non si fermerà tanto presto.....


Ora più che mai ho bisogno di correre, tanto e veloce....


 


io sono quello che fugge


e che insegue


per ora fuggo perché mi inseguono e non ho abbastanza forza


ma quando avrò recuperato energia mi fermerò all'improvviso, voltandomi verso i miei inseguitori


ed allora dovranno cominciare a scappare loro.

martedì 23 giugno 2009

DI COSE BELLE.....

IL MONDO SCOMPARSO


 


Se tu fossi qui sarei felice come sono ogni volta che ci sei


ma in fondo sono colmo di bellezza per quel poco che ti vedo.


giovedì 18 giugno 2009

LA RAGIONE ED IL TORTO

LUPUS ET AGNUS


 




Ad rivum eundem lupus et agnus venerant,
siti compulsi. Superior stabat lupus,
longeque inferior agnus. Tunc fauce improba
latro incitatus iurgii causam intulit;
'Cur' inquit 'turbulentam fecisti mihi
aquam bibenti?' Laniger contra timens
'Qui possum, quaeso, facere quod quereris, lupe?
A te decurrit ad meos haustus liquor'.
Repulsus ille veritatis viribus
'Ante hos sex menses male' ait 'dixisti mihi'.
Respondit agnus 'Equidem natus non eram'.
'Pater hercle tuus' ille inquit 'male dixit mihi';
atque ita correptum lacerat iniusta nece.

Haec propter illos scripta est homines fabula
qui fictis causis innocentes opprimunt.




 

 





IL LUPO E L'AGNELLO

 
Un lupo e un agnello pervennero allo stesso ruscello
spinti dalla sete; più in alto stava il lupo
e molto più in basso l'agnello. Allora il malvagio,
spinto dalla gola insaziabile, cercò un pretesto di litigio.
"Perché" disse "rendi torbida l'acqua
che sto bevendo?" E l'agnello tremante:
"Ma scusa, come posso fare ciò per cui ti lamenti, lupo?
Il liquido scorre da te verso i miei sorsi".
Respinto il lupo dalla forza della verità:
"Sei mesi fa, disse, tu hai sparlato di me".
L'agnello rispose: "Di certo non ero nato".
"Per Ercole! Tuo padre, disse quello, ha sparlato di me".
E così, afferratolo, lo sbrana con una morte ingiusta.

Questa favola è stata scritta per quegli uomini
che opprimono gli innocenti con falsi pretesti.

 


 

 

 



cast

martedì 5 maggio 2009

DEL 5 MAGGIO E DINTORNI



EI FU


Il Duca di Wellington in persona scelse come carceriere dell’ex Imperatore il segaligno Hudson Lowe, quasi un aguzzino per quella prigione dorata. Fu un modo per vendicarsi del suo storico nemico.


Sir Lowe lo chiamava “Generale”: un po’ come chiamare scrivano il Manzoni una volta vecchio. Chiunque altro sarebbe stato intimorito dall’enorme personalità del prigioniero di Sant’Elena ma forse quell’inglese dagli occhi di Jena un po’ godeva nel dimostrare superiorità nei confronti dell’uomo che aveva avuto nelle sue mani l’intera Europa continentale.


Proprio quello il punto: Sir Hudson Lowe non apparteneva al Continente.


 


Napoleone Buonaparte leggeva, leggeva e poco altro anche perché non gli era permesso fare granché: sì, qualche passeggiata ma il suo spazio di movimento era recintato e come se non bastasse a Sant’Elena piove sempre e non è il massimo passeggiare sotto la pioggia con il suo stato di salute.


Reumatismi, epatite, ulcera e non appena qualche medico si prodigava a fornirgli più conforto del necessario veniva allontanato dall’isola. La sua piccola corte poi non poteva certo essere cos' rinfrancante per chi aveva avuto milioni di persone al suo comando. Si trattava di 3 generali, un mamelucco ed il suo fantasioso biografo Las Cases, intento più a romanzare sue idee che a scrivere sotto dettatura di Bonaparte. Fu anche espulso ben presto da Sir Lowe, venutogli probabilmente a noia eccessiva, terminando il memoriale di Napoleone a suo piacimento.


 


Tre volte sulla polvere, tre volte sull’altare. Questa volta però era finita: se Lowe fosse capitato in una delle altre “vite” del Grande Imperatore, questi se lo sarebbe divorato una volta libero, come aveva fatto con altri nemici i cento giorni dopo l’Elba.



Ma ormai era finita. La storia gli avrebbe dato ragione, di questo era certo.


Lui dispotico, dittatore anti democratico oppure grande Capo di Stato moderno e portatore di liberalità? Il suo despotismo era in fondo un male necessario per domare il caos, le guerre civili ma questa è la scusa di ogni dittatore. Lui scacciava le monarchie antiche ed opprimenti ma lo fece in un bagno di sangue che sconvolse l’Europa.


Contraddittorio.


Il Corso nato contro i francesi, lottando contro la Francia ma poi vissuto per la gloria della Francia fino all'ultimo dei suoi giorni. L’uomo del popolo che diventa oppressore nobile e vicino alla grande borghesia. Il generale che aveva infervorato l’Italia di idee liberali e repubblicane per poi imporre il dominio francese e infine l’Impero.


 


Meglio sarebbe stato morire in battaglia che vivere gli ultimi sei anni tra le fitte, l’ozio ed i clisteri di Sant’Elena.


La noia di quel periodo è stata fino ad oggi emblematica nell'immaginario collettivo, tanto che più o meno tutti quei "solitari di carte impossibili" che ci insegnano ancor oggi vengono definiti come "I solitari di carte che faceva Napoleone a Sant'Elena" perché lui aveva certo abbastanza tempo libero per riuscire a conluderne almeno uno vittoriosamente.


D'altro canto un po' tutto quello che circonda la storia e la sua persona è avvolto da leggende, storie locali, miti e particolari veri o fantastici (la mano tra i bottoni della giacca come nel dipinto di Ingres, la sua statura, i suoi amori, la data della sua morte nota anche agli studenti più somari, un teorema di matematica sui triangoli e frasi, aforismi a volte davvero suoi).


Senza dimenticare che per la Storia stessa quel breve periodo tra la  Rivoluzione ed il Congresso di Vienna è l'inizio di un nuovo Mondo, dell'età Contemporanea, delle Costituzioni Moderne, delle leggi, dei trattati locali, degli archivi e delle anagrafi di tanti comuni e città. 


Napoleone e la Rivoluzione sono un po' il fulcro della Storia, il passaggio da antico a moderno.


Chi se non lui il conquistatore per antonomasia, l'Imperatore, il Dittatore illuminato?



 


Meglio sarebbe stato morire per l'uomo più celebre degli ultimi due millenni.



Ma il prezzo della sconfitta va pagato.


Più umiliante della letteraria morte del Cesare che lo precedette 17 secoli prima. Da un 15 marzo ad un altrettanto celebre 5 maggio Napoleone Bonaparte terminò la sua agonia tra fitte non di pugnale ma di un tumore allo stomaco.


 


L’Europa si era liberata di un pericolo, di un tiranno per insediarne altri cento.


 


Il seme gettato dall’Imperatore era però in tutta Europa: era il seme stesso della Rivoluzione Francese era la voglia di un mondo nuovo che prima o poi sarebbe scoppiato tra le mani di tutta quella nobiltà che era riuscita a riconquistarsi tutti i poteri.


Ed era tutto quello che un baronetto inglese non avrebbe mai potuto capire né concepire. Perché l’Inghilterra è un isola.

lunedì 27 aprile 2009

COME RIDEVAMO


LE BARZELLETTE DEI BAMBINI







Dopo tanto tempo mi voglio dedicare ad una delle “mie” classifiche toccando ancora una volta il tema dell’infanzia. Propongo qui la classifica delle barzellette infantili non elencando semplicemente le barzellette più celebri degli anni 80 (ovvero di quando ero bambino io) bensì quel tipo di battute, freddure e comicità proprie di quell’età che si raccontano e si raccontavano diecimila volte agli stessi compagni di classe ridendo sempre come se fossero mai sentite; con quel gusto speciale che si prova quando all’interno del gruppetto che si raccoglie in cerchio per ascoltare si aggiunge anche una sola persona che ancora non le ha mai udite prima.



A parte i colmi, e i “sai come fa un?” che raccolgo in un’ unica voce in questo elenco …… ricordo barzellette mal raccontate, con difetti ed errori nei finali che dovrebbero inibire totalmente le risate o addirittura vicende completamente inventate da chi le raccontava e quindi senza senso ma che contenevano una parola o una situazione che poteva suscitare riso (un uomo chiuso in bagno, un vampiro che non trova sangue, un mostro che ha paura)

Un classico erano i 3 tentativi (i primi due falliscono, il terzo ha successo o viceversa) che in alcune nostre interpretazioni personali diventavano 4, 5 o 6 prolungando l’attesa all’infinito. Se in genere questo prolungamento distrugge una barzelletta, a quell’età rendeva invece il tutto ancora più eccitante.

Perché da bimbi non capitava mai di dire o pensare: “E’ una barzelletta stupida” “Non mi fa ridere!” . Chiunque raccontasse barzellette era l'eroe del momento: l’importante a quell'età è ridere e vedere un compagno farlo per primo diventa sufficiente per essere contagiati tutti. Il motivo non è importante.

Forse eravamo più saggi allora.





IL FANTASMA FORMAGGINO

Evito di raccontarla, credo che la conoscano anche i muri. I soliti italiano, francese e tedesco….i soliti primi due tentativi che falliscono e l’italiano che riesce nell’impresa con un escamotage poco comprensibile ma che a scuola ci faceva molto ridere.

Il problema, riascoltandola in età adulta, è che nessuno sa in quale parte d’Italia esista la leggenda di questo fantasma. E' un problema reale perché davvero non comprendo il significato, l’ironia della barzelletta se tale personaggio fantastico non fosse già noto a tutti con questo nome al di là della storiellina. 
Se ci pensiamo l’unico motivo di riso consisteva nella rima finale che però si basa su un nome, “formaggino”, che nessuno conosce….

Per dovere di blogger devo almeno citare la ben nota e straordinaria canzone del gruppo “Elio e le storie tese” costruita intorno a questa assurda vicenda.



I NOSBARI

Un cacciatore da Safari torna ogni giorno dalla caccia (ovviamente i soliti tre giorni ovvero tre tentativi) dopo aver ucciso una lunga serie di belve tra cui i misteriosi “Nosbari”. Chissà perché gli interlocutori del protagonisti chiedono informazioni su fatti strani sempre e solo il terzo giorno....ad ogni modo alla classica richiesta tardiva di spiegazioni si scopre come i “Nosbari” siano indigeni imploranti che lui scambia per animali.

La barzelletta non è priva di humour e di senso come la precedente ma è terribilmente razzista. E’ sempre stata raccontata anche tra adulti in passato (Ormai non più, troppo inflazionata) ma credo sia un po’ sciocchina. E’ stata infine il cavallo di battaglia di un personaggio che fu regina delle barzellette infantili, una vera icona della fine degli anni ’80: Robertina di Telemike (la Tv poco politically correct di quegli anni)



MAMMA MAMMA SENZA MANI!

E’ il bambino in bicicletta che si vanta delle sue prodezze….prosegue con “Mamma mamma senza piedi” ed infine, dopo un probabile incidente “Mamma mamma fenfa denti…..”
Ogni commento è superfluo


LA RANA DALLA BOCCA LARGA

Meravigliosa barzelletta. Questo è humour per tutte le età! Dalla mia infanzia a oggi rimane una delle più carine e divertenti anche se tra adulti non si racconta più. Ci sono sempre i soliti tre, quattro tentativi con questa rana rompiscatole che si presenta ad animali della foresta molto pazienti. Lo scambio di battute finale con il leone “che mangia le rane dalla bocca larga” mentre la prima si affretta a stringere la bocca modificando la parlata è di un’ilarità incredibile. C’è anche un minimo di teatralità che richiede “mestiere” in chi la racconta.



L’ITALIANO IL FRANCESE E IL TEDESCO SULL’AEREO   ne ricordo mille versioni o meglio ricordo di averne sentite così tante tutte simili. Il finale lo sapete già: dopo che i primi due si sono gettati e quindi immolati per salvare tutti i passeggeri (pronunciando frasi in rima altamente patriottiche) l’italiano se la cava con un paracadute o qualcosa di simile e con strofe assai meno eroiche. Noi ci sentivamo più furbi di tutti gli stranieri nel sentire questi finali ma credo che le stesse storie potrebbero divertire anche francesi e tedeschi ridendo della nostra furberia da “Simpatici Mariuoli” quali in fondo (e tristemente) siamo.

La genialità creativa che ha contraddistinto la nostra storia è ora indirizzata verso l'aggiramento delle regole e l'evitare i problemi senza affrontarli. Anche nelle barzellette.


MAMMA SONO VELENOSO?

E' il serpentello piccolo alla mamma a domandarlo insistentemente. Alla fine si scopre che il motivo della curiosità è che si è morso la lingua. Simpatica e divertente.



UN UOMO ENTRA IN UN CAFFE’: SPLASH

E’ curioso come questa freddura assolutamente geniale e poi caduta in disuso dopo una popolarità storica fosse poco comprensibile dai bambini stessi che amavano raccontarla. Non che sia complessa in generale ma è di un ironia sottile, non immediata: il gioco di parole è di altri tempi perché un bambino di oggi ma anche di venti, trenta o quaranta anni fa non sa che "caffé" è sinonimo di "bar". A me divertiva la semplice immagine del signore che non poteva essere così piccolo da entrare nella tazzina....penso mi facesse ridere questo....

Un adulto la poteva raccontare solo ai tempi di Petrolini e oggi è solo usata come esempio, come battuta per antonomasia. Provate però a dirla al momento giusto, in una serata mentre i vostri amici sono già propensi alla risata e un po’ avanti con il vino…..l’effetto è devastante.



SAI COME SI CHIAMA IL MINISTRO DEI TRASPORTI CINESE? FURG – GON – CIN!

(e vari nomi curiosi associati all’origine ed alla professione del soggetto inventato)

Parlo di tuttte quelle freddure che cominciavano con “Sai come si chiama….?” E più spesso con “Sai chi è il più grande………..?”

E forse era più celebre il saltatore CIN CHAN PAY    ma il personaggio fantastico di cui sopra è stato anche recentemente citato in una pubblica conferenza da un più adulto presidente del Consiglio di una nazione europea suscitando il riso di pochissime persone che hanno conservato l’ilarità della loro infanzia o che più probabilmente hanno perso il rispetto di sé stesse per accrescere quello verso i loro superiori….

In questa categoria vorrei assimilare anche i colmi che sono davvero passati di moda tra “i grandi” negli ultimi vent’anni. Probabilmente si è esaurito il filone dai tempi di Bramieri e D’Apporto….



C’E’ UN MUTO CHE DICE AL SORDO: EHI! C’E’ UN CIECO CHE CI SPIA!

No comment

E no politically correct….. ma si rideva tanto per questa stupidaggine!



LA BARZELLETTA SPORCA

Quale sia non importa…..molte erano completamente diverse dall’originale o perché i grandi ne inventavano versioni leggermente censurate o perché non comprendendole anche in questi casi, le forzavamo noi per trovare un senso. Spesso si trattava solo di escrementi, più raramente c’erano riferimenti sessuali. Era il momento “società segreta” per noi bambini…il suono della parola finale “zozza” valeva più di tutto il testo della storiella o della sua interpretazione. La raccontava sempre il ragazzino più spettinato, casinista, indisciplinato: quello più “avanti” che aveva imparato prima degli altri il segreto di “come nascono i bambini” e che conosceva più parolacce di chiunque altro…..


venerdì 10 aprile 2009

MI RIPETO, VISTA L'OCCASIONE....

LETTERA DI PASQUA



Salve a tutti,

mi presento, io mi chiamo Pasquale
sono un agnello.

Così giovane e già tante cose da dire......
ho recitato in diversi spot per LIP, Woolite e milioni di persone mi hanno visto e si sono intenerite davanti alla mia immagine.
Quanti bambini hanno pensato: "Come vorrei un agnellino così tenero, morbido, carino, piccolo"

EPPURE:
Eppure, anche quest'anno la stessa storia: milioni di confratelli, forse anch'io.....verso un destino di sangue.

Ci allevate in spazi angusti, ci depilate a forza e infine facciamo compagnia alle patatine......

A volte mi chiedo:

1)perché le colombe sono di pasta e mandorle
e gli agnelli sono veri?

2) Abbiamo chiesto un'alternativa per Pasqua e ho sentito dire che si possono mangiare anche gli "ovini kinder".
Ma sappiate che noi compiangiamo anche i nostri fratelli tedeschi, non solo gli ovini italiani.

INSOMMA, QUEST'ANNO, FATE UN' OPERA BUONA:

Ammazzate dei conigli, si fa meno fatica e , detto tra noi, mi stanno anche un po' su.
(tra l'altro non fanno lana, hanno un'ottima carne e sono notoriamente vigliacchi)

Quest'anno, a Pasqua, uccidi anche tu un coniglio: farai felice un agnello!

grazie

Buona Pasqua


PASQUALE AGNELLO
sindacato giovani ovini

venerdì 27 marzo 2009

ALLA RICERCA DELLA PIETRA VERDE...

UN SOGNO


 


Cercavano un grosso smeraldo, non grezzo anzi tagliato come si taglia un diamante.


Tanti, tutti contro uno


io.


Una foresta tropicale, come un set cinematografico ma non sono riusciti a prendere me e nemmeno lo smeraldo e si sta facendo tardi, sta diventando buio. Deve esserci una logica, quell'oggetto deve trovarsi in un posto particolare


ma non si trova e quel gruppo si arrende e sale su una jeep


termino anch'io la giornata ed esco dalla jungla......fuori di lì...ed appena fuori è città...una città italiana forse del centro Italia


magari una delle tante rimaste nella memoria dei miei viaggi nella vita reale.


Io li ho anticipati, sono lungo una strada e mi sto sistemando quando loro mi sfrecciano davanti e forse mi riconoscono. Sicuramente lo fanno così comincio a scappare, senza agitazione perché io mi muovo in ogni spazio come loro non possono.


eppure mi ritrovano, come avessi un segnalatore addosso. Entro in un palazzo e salgo le scale, c'è una porta aperta, musica e mi ritrovo in mezzo ad una festa, una specie di club pieno di adolescenti. Entrano anche i miei inseguitori ed io vado su un terrazzo scendendo all'esterno da una grondaia in modo molto semplice. Sono ancora sulla strada e loro dietro.


Un altro palazzo, nessuno alle mie spalle: secondo piano, un appartamento a caso aperto e poi ancora fuori dalla scala antincendio e cortili, vicoli. Nessuno mi insegue più.


Non hanno trovato lo smeraldo: per il momento il loro unico obiettivo è catturarmi. Forse uccidermi.


Torno nel primo palazzo, in mezzo alla festa dei ragazzini che potrebbe essere l'ultimo posto dove cercarmi. Una ragazza mi riconosce e ricorda che ero inseguito da quegli uomini così si propone di aiutarmi.


Devo proprio avere un segnalatore addosso perché i miei nemici stanno salendo le scale. La ragazza mi fa nascondere in una stanza ma è come se sapessero sempre dove sono e due di loro entrano e mi trovano. Faccio appello alla loro umanità: possono far finta di non avermi mai visto ma uno mi risponde con un classico "c'ho famiglia" e poi i suoi compari sono dietro la porta e nelle altre stanze....non possono ignorarmi.


Sono pronto a combattere, sono l'eroe, li posso affrontare tutti


ma non ho forze, non riesco più a muovermi e mi bloccano facilmente.


C'è sempre una soluzione.... così parlo a tutti loro:


"Signori! Voi non avete trovato lo smeraldo perché l'ho trovato io


ma non lo avrete perché il sogno finisce qui ed io svanirò con la pietra...."


 


ed il sogno finisce.....


e solo io so dove ora sia la pietra.....


ma questa è un'altra storia, più complessa....


 


 smeraldo_C

venerdì 13 marzo 2009

GLI ALBERI E LE ROCCE CHE FURONO LA MIA CASA

TARZAN


 


Tra poco sarà l'alba


e vorrei non essere un uomo. Vorrei essere solo aria pensante e mescolarmi al fresco degli alberi di questo parco in collina, nel calore del mio corpo e della coperta che ho avvolta intorno a me.


La Luna è quasi piena e le sto raccontando quello che scrivo qui. Le racconto me stesso.


Vorrei poter vedere ancora il mondo dall'alto come quando la foresta era la mia casa e le bestie la mia famiglia. Come quando dormivo tra gli animali e gli alberi


ma la vita vuole rubarci il tempo e la libertà. La mia speranza è proprio combattere per riprendermi ciò che ho perso: il cielo stellato, i canti degli animali, i suoni della natura


ed il pensiero che lavora nel silenzio


il dolore che cala perché c'è meno dolore nella carezza della notte, c'è consolazione


ed il pensiero per quanto profondo trova le parti migliori, quassù in alto


trova le soluzioni ed il conforto e non cerca il dolore assoluto. Dentro me non sono quel che vedete, dentro me sono ancora il signore della Jungla.


Ma ecco il Sole, si ricomincia.


 


 

venerdì 20 febbraio 2009

ANCORA DELLO SCRIVERE...

PERCHE' SCRIVIAMO, PERCHE' CANTIAMO?



Sentiamo sempre il bisogno di scrivere
altrimenti saremmo bestie
e chi non scrive si esprime comunque in altre maniere, in quelle che meglio gli riescono.


Quando canto voglio mostrare qualcosa: forse, tante volte, vogliamo far vedere che abbiamo tecnica


o voce


io voglio farvi vedere che ci sono io, in quella canzone, esattamente come nei personaggi che creo quando prendo in mano una penna.



Perché scriviamo?
Personalmente io mi dedico alla scrittura perché l'enoteca di fronte a casa mia è sempre chiusa.

lunedì 9 febbraio 2009

POESIA

COS'E' MAI QUESTA POESIA?



Non c'è vita senza arte. Questa è la realtà. Mi legassero mani e piedi e mi tappassero la bocca reciterei a mente, a rotazione tutti i brani, i versi e le musiche che conosco e ricordo.


Si rotoli nel fango e si accomodi da Trimalchione chi non ha in sé un moto per bellezze superiori.


E non c'è arte senza vita, senza l'uomo ed il suo spirito che cerca altro e non si abbandona alla quotidianità. Quanto più è difficile, oggi, che si vive in un mondo di bestie e di egoismo. Se non c'è amore per il mondo non c'è amore per l'arte.


E la poesia cos'è? Dov'è?


Forse è nei versi confusi e spezzati di un adolescente acceso dagli occhi di una coetanea?


Individuo passione ed ispirazione ma è solo metà poesia. Chi la scrive piangerà rileggendola ma io non piango ricevendo la cronaca confusa di un dolore già ascoltato. Non sarà la voce più impostata a trasformarla in arte. Chi non possiede l'arte usa parole già sentite, parole non proprie e chi le legge non può capire, non può individuare la peculiarità di quel dolore.


C'è forse poesia nelle rime forzate, nei neologismi eccessivi e negli avverbi poco credibili di qualche falso intellettuale dal vestito bizzarro e colorato?


Potrei rimpiangere l'adolescente inquieto.


Datemi musica nelle parole, i versi devono scivolare via nella lettura ed il ritmo delle strofe come il suono delle parole devono accompagnarne il significato senza contrapporsi, senza forzature e stonature.


L'ispirazione nasce in un minuto, l'arte richiede cura. Io non credo alla poesia nata e finita: se mai qualcuno ha composto un capolavoro alla prima stesura è un genio e se qualcuno crede di essere un genio rifletta. Un minuto per avere in testa tutto, ore, forse giorni per trovare l'esatta parola, il suono perfetto che tutti possano udire. Musica, sensazioni forti: una sola parola al posto sbagliato e si interrompe la forza


o la musicalità.


Moto interiore più tecnica. non esiste arte senza entrambe le componenti.


Bisogna avere qualcosa da raccontare


ed è necessario sapere come farlo, avere gli strumenti.


 


 


E chi non ama leggere, chi non si è nutrito dei più grandi geni della scrittura e dei versi non disturbi il prossimo con le sue composizioni ché chi non sa ascoltare nemmeno può sapere scrivere.


Ed allora: passione, realtà, abbandono dell'ipocrisia ma anche capacità di trasformare sentimenti in parole ed ancora musica, intenzionalità, cura e senso estetico. Come in una pittura perché chi pensa che una penna sia più semplice di un pennello sta tenendo in mano un coltello, in realtà. Sta pugnalando la carta.


Voglio forse dire che molti non hanno il diritto o non dovrebbero scrivere poesia? Tutt'altro: credo invece sia da incoraggiare l'abitudine alla scrittura di ogni genere purché non si abba la pretesa di definirla artistica, purché si sfugga dall'autocelebrazione di chi poeta potrebbe diventarlo, un giorno o di chi invece non potrebbe mai esserlo ma lo diventa andando a capo in maniera diversa rispetto alla scrittura narrativa. Magari con belle frasi ad effetto in stile aforisma.  Il confondere gli aforismi con l'arte e la poesia è proprio una delle mode degli ultimi anni.


Ma, in contraddizione con quanto detto penso sia necessario anche il coraggio di mostrare la propria arte, sia essa sublime o mediocre. La voglia di scrivere fine a sé stessa ma realizzare qualcosa che possa e debba essere letto da chiunque, con gli occhi ed il cuore.


Mi spiego: tutti hanno il diritto di esprimersi, di comporre e di mostrare


non si pretenda, solo, di potersi definire artisti in quanto in possesso di una penna carica di inchiostro e di un supporto cartaceo. 


La mia non vuole essere una lezione di filosofia ma una riflessione scritta. La mia idea sull'argomento.


E non parlo da artista quale non sono ché perlomeno ben conosco i miei limiti


però non potrei vivere senza leggere certi versi, senza scriverne di miei.


Non è un luogo comune dire che non sarei davvero vivo senza il conforto della poesia.


 


 


LEISURE


What is this life if, full of care,
We have no time to stand and stare.
No time to stand beneath the boughs
And stare as long as sheep or cows.
No time to see, when woods we pass,
Where squirrels hide their nuts in grass.
No time to see, in broad daylight,
Streams full of stars, like skies at night.
No time to turn at Beauty's glance,
And watch her feet, how they can dance.
No time to wait till her mouth can
Enrich that smile her eyes began.
A poor life this if, full of care,
We have no time to stand and stare.


                                   W.H. DAVIES



Perugino

lunedì 2 febbraio 2009

LA SECONDA POSSIBILITA'

L'AIUTO



Meno del solito.

Aveva bevuto molto meno del solito eppure aveva perso il controllo dell'auto

e aveva perso anche l'uso delle gambe. Del suo corpo rimaneva ben poco di utilizzabile: lo avevano salvato con tre interventi chirurgici.

Era ancora vivo. Aveva rischiato la pelle chissà quante volte in vita sua, preso anche coltellate nello stomaco, botte in galera fino a sanguinare ed essere ricoverato ma nell'istante in cui l'auto uscì dall'asfalto a 100 chilometri orari credette fosse finito tutto.

In quella frazione di secondo, credendo fosse l'ultimo suo secondo, riuscì a realizzare una fotografia della sua inutile vita: un flashback come nel peggiore dei film.

Nemmeno sapeva perché fosse ancora in vita: a nessuno interessava dello schifo di uomo che era. Nessuno poteva sapere che odiava sé stesso per tutto quello che aveva fatto e che era cambiato anche se a volte era stato ancora costretto a rubare. Però aveva smesso di usare droghe pesanti ormai da mesi e aveva trovato un lavoro. Gli sembrava impossibile perché non aveva mai davvero lavorato in vita sua e sembrava impossibile che in fondo gli piacesse, nonostante la sua mente e il suo corpo si rifiutassero di lavorare. Testa bassa, ritmo lento, non pensare. Non pensare a cosa sei stato, a quelli che dicevano di essere amici, ad aver commesso crimini che i primi tempi sembravano scherzi, prove di forza e dopo erano diventati normalità, necessità. Quegli stessi semplici crimini che ora lo facevano sentire una bestia. Testa bassa, gira la chiave, metti il pezzo, non pensare.

Non era certo diventato un santo ma non poteva togliersi dalla mente certi momenti, lo schifo del potere nelle sue mani, due omicidi inutili e una vita che voleva diversa anche se ancora non sapeva bene come.

Trovarsi ora impotente, bloccato, handicappato a vita e dolorante in un letto d'ospedale gli parve quasi una consolazione anche se non un'espiazione. Ora almeno era protetto da quel mondo orrendo di cui lui stesso era stato un altrettanto orrendo ingranaggio.

Il carcere non aveva cancellato niente. Entrò in galera convinto di non aver fatto niente di così esagerato. Dopo il processo e negli ultimi anni, invece, aveva visto su di sé il male, il dolore inutile: aveva visto la sua stessa cattiveria riflessa nello specchio di esseri umani come lui e si era sentito un mostro. Aveva letto, sentito, ascoltato e vissuto su sé il dolore che per tutta la vita aveva causato agli altri. Aveva vendicato la sua infanzia orrenda su chi non ne aveva colpe.


Uno schifo. Tutto. Uno schifo. Ora almeno c'era silenzio. Dolore ma silenzio. Sofferenza ma non violenza: nessuno lo odiava in quel luogo e lui non odiava più. Nessuno.

Nessuno

e a nessuno poteva più interessare di lui. Amici non ne aveva: poteva crederlo un tempo ma erano mostri come lui e non avevano bisogno di un paralitico piagnone in un letto d'ospedale. In verità era contento di non rivederli.

Eppure, quel volontario che veniva quasi tutti i giorni ad accudirlo: sembrava che a lui importasse qualcosa di essere lì. Lo salutava tutti i giorni, lo chiamava per nome quando non poteva rispondere e cercava di capire dagli occhi la risposta chiedendo "Come va oggi? Meglio?". Conosceva solo il nome: "Roberto" ed immaginava fossero più o meno coetanei.Una faccia già vista, forse, ma il dolore, i ricordi annebbiati, la poca voglia di sforzarsi a ricrdare non lo avrebbero eventualmente aiutato a riconoscerlo.

Neanche fosse un parente: ogni volta che poteva era lì, talvolta solo per venirlo a trovare e dirgli due parole ma più spesso si prendeva cura di lui in ogni modo; fosse anche per cambiarlo e pulirlo. Non parlava mai di sé piuttosto dava parole di incoraggiamento o comunicava miglioramenti, notizie avute dai medici.

Il ricoverato ancora non era in grado di parlare e non lo sarebbe stato ancora per diverso tempo. Il suo mento e parte delle ossa facciali erano stati ricostruiti. Quando fu possibile sbendarlo cominciò ad emettere qualche gemito o vocale per comunicare i bisogni primari aiutandosi con l'espressione degli occhi. Fu allora che tentò di capire, di comunicare con quel volontario dopo diversi mesi.

 "Eh....eh.....ooh! Ehoh"   pronunciò poco alla volta, con sforzo ma senza agitazione

L'uomo in piedi lo fissò, soddisfatto di quei primi segni o tentativi di comunicazione
"Tu vuoi sapere cosa faccio qui? - ed attese un cenno degli occhi dell'uomo -

forse è ora che te lo dica,  forse è arrivato il momento che tu sappia.

Non sono un infermiere, non sono nemmeno un volontario e neppure autorizzato. Mi sono finto tuo parente per poterti accudire, sono venuto qui così tante volte i primi giorni in cui eri in coma che nessuno dopo ha pensato di verificare chi fossi"

Gli occhi dell'altro cercavano inutilmente di capire come potesse finire quella strana storia. Il battito cardiaco aumentò in attesa di chissà quale rivelazione al momento inmmaginabile.

"Il mio nome avrebbe dovuto aiutarti: Roberto. Ma se ti dico Santi Roberto sono certo che capirai subito. Sono un po' cambiato: barba, pochi capelli ma anche il tempo, il dolore..."

Lo guardò più intensamente e solo a sentire quel nome si ricordò di aver già visto anche il suo volto.
"Ora sai chi sono ma anche se volessi mandarmi via, cosa non semplice viste le tue possibilità di comunicare, ti chiedo di non farlo. Penso anzi che non lo farai".

Dieci anni prima. Un furto che diventa un omicidio. Nessuna speranza: soldi subito o ti avrebbero fatto secco. Un assassinio inutile: coltellate per nervoso e paura a una ragazza e al suo fidanzato che nemmeno avevano reagito. Fu arrestato il giorno dopo. Letizia morì, Roberto Santi guarì abbastanza presto da essere presente al processo.

E ora, proprio l'omicida, poteva riconoscere la sua vittima seduta al suo fianco. Cambiata moltissimo, anche invecchiata con tutta quella barba ma era proprio lui.


Passarono tre giorni di silenzi

poi un altro gemito, appena accennato e a volume basso: "Eheh....eheh, Ih !"

L'altro lo guardò, dritto in piedi: guardò quegli occhi che esprimevano tutto l'assurdo di quella situazione.

"La penso ancora, sai. Sono passati otto anni ma non mi sono più fidanzato. Penso che lo farò, un giorno ma prima devo togliere il troppo dolore che mi porto dentro per quello che tu hai fatto. La sua foto è nello stesso posto, di fianco al letto e un'altra sulla libreria. In soggiorno il calendario è lo stesso, fermo a quella data di aprile: l'ultima volta che ci siamo abbracciati. Il dolore è uguale ma voglio fare qualcosa, voglio tornare a vivere. Non intendo dimenticarla ma ho diritto di vivere."

Silenzio

"Ti ho odiato, all'inizio. Ti ho odiato come non si può di più. Il carcere non era abbastanza, niente era abbastanza: avrei voluto strapparti il fegato con le mie mani, strangolarti fino a vederti crepare. Ho anche provato, quando sei uscito dal carcere la prima volta. Ti ho fatto seguire, pedinare: ho pagato per sapere che vita facevi, ho seguito i tuoi spostamenti e movimenti per capire dove e come potevo distruggerti, ammazzarti. 
Poi, però, ho visto. Ho visto con i miei occhi che non eri più lo stesso, che la sofferenza aveva forse distrutto anche te. Ho visto filmati recenti in cui lavoravi, cambiavi frequentazioni. Non sapevo cosa fare. Ho urlato, ho pianto. Volevo giustizia. Volevo smettere di soffrire."

Silenzio

"Vendetta Giulio,

vendetta.

Questa è la mia vendetta. Ti avessi ammazzato come un cane avrei continuato a piangere, magari in galera e per sempre. Mi sarei rovinato ancora una volta la vita ma io ho diritto a una seconda possibilità.

Forse anche tu ne hai diritto. Ora che sei qui dentro.

Vendetta.
Lei era inerme quando l'hai colpita, quando le hai tolto la vita.
Tu eri inerme quando ho visto tirare fuori il tuo corpo dall'auto che stavo seguendo, tirato fuori dai medici che io stesso avevo chiamato

e sei inerme ora. Immobile, fisicamente distrutto e in tutto questo tempo sono l'unica persona che ti è venuta a trovare:
sei più solo di me.

Prendermi cura di te è la mia vendetta, la mia seconda possibilità di vivere.

Lasciarmelo fare finché sarai qui dentro sarà la tua espiazione, la tua seconda possibilità."

martedì 13 gennaio 2009

THEY DID


GRANDI VOCI DELLA GIUSTIZIA





LE BRET: Sta' calmo ora, sta' calmo, mantieniti.



CIRANO: Mantieniti? Sussulto già fulmineo di fremiti congeniti! Voglio un'intera armata da estinguere in un niente! Ho più cuori che braccia, e non mi è sufficiente spaccare in due dei nani, mi servono giganti!





Francis è abituato a picchiare, a difendersi.


Francis è nato ad Hoboken dove essere figlio di italiani è normale ma resta comunque un peccato. Anche quando diventi il più grande interprete musicale del secolo.


Ora che è ricco è famoso più di chiunque altro è comunque abituato alla diffidenza, a farsi giustizia con le sue mani. Sinatra beve, gioca, frequenta donne di ogni genere e se gli fai la domanda sbagliata non chiama l'avvocato ma potresti assaggiare il suo pugno destro.


Frank è un cattivo, un prepotente però ha un senso della giustizia e dell'amicizia  più profondo di molte delle persone a cui ha rotto il muso.


Sinatra ha bevuto, come tante altre volte ed entra al "Copacabana" come tante altre volte: è il numero uno di Las Vegas ed i locali fanno a gara per averlo nelle serate e tra i tavoli dei casinò.


Questa volta, però, c'è qualcosa di diverso. C'è un negro con lui. Le guardie del corpo riconoscono entrambi: chi non conosce Sinatra e Davis Jr.? Magari molti hanno in casa i loro vinili ma nessuno vorrebbe in quel locale per bianchi un "colorato": "Non ha senso ma non è razzismo" direbbero: "E' che se un locale è per bianchi è così è basta. Ci può essere anche un negro educato ma poi ne vorranno arrivare altri cento e se si comincia a farne entrare uno dopo è la fine"


I tavoli si fermano; la gente si volta e li guarda di traverso; chiamano altre persone.
I buttafuori li invitano ad uscire e intervengono altri responsabili ma Frank finge di non capire il problema.
Lui è il numero uno": se entra Sinatra entra anche il suo migliore amico. In pochi secondi il sangue va alla testa, il cantante dagli occhi blu spacca tavoli, affronta gli omono che vogliono fermarlo e volano botte, succede di tutto.
Lui uno contro cento come Cirano alla porta di Nesle.


"Mafioso!"


Urla qualcuno


"Amico dei negri!"



Per stasera Frank ha perso e con qualche livido di troppo ma per gli avversari è una vittoria di Pirro.


Sammy Davis Jr. sarà in breve tempo un utente abituale dei casino di Las Vegas se vogliono ancora avere il Rat Pack di Sinatra tra i loro ospiti.








In un'altra parte dell'America un altro uomo, in maniera diversa sta cantando la sua vita e la sua canzone contro l'odio.


Anche lui ha fatto i soldi con la musica, tanti soldi ed i suoi dischi sono i più celebrati del momento. E' talmente famoso da essere stato soprannominato "King" come capita a volte ai più celebri artisti di colore. Tanto apprezzato da vendere più di Sinatra.


Nat "King" Cole nel 1948 può già comprarsi una bellissima casa in uno dei migliori quartieri di Los Angeles. Non ci sono altri "neri" in quel posto.
Qualcuno lo minaccia velatamente: tentano di intimidirlo tutte quelle inutili teste che hanno la fortuna di abitare al fianco di uno dei più grandi geni musicali del '900 e la fortuna magari di ascoltare il suo pianoforte e la sua voce che incantava il mondo.


Nat non ha paura: otto anni dopo terminerà addirittura un concerto ferito e sanguinante dopo un attacco e tentativo di rapimento sul palco e per tutta la vita si rifiuta di esibirsi in locali in cui non possono entrare neri.


I vicini, riuniti in associazione, cercano di essere chiari con lui:


"Non vogliamo persone indesiderabili nel quartiere"


"Neanche io - risponde -  e se vedo che qualche indesiderabile si trasferirà qui, sarò il primo a lamentarmi."





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