giovedì 12 novembre 2015

MUSICA E COLORI

STORIE E VOCI






LE BRET: Sta' calmo ora, sta' calmo, mantieniti.




CIRANO: Mantieniti? Sussulto già fulmineo di fremiti congeniti! Voglio un'intera armata da estinguere in un niente! Ho più cuori che braccia, e non mi è sufficiente spaccare in due dei nani, mi servono giganti!




Francis è abituato a picchiare, a difendersi.
Francis è nato ad Hoboken dove essere figlio di italiani è normale ma resta comunque un peccato. Anche quando diventi il più grande interprete musicale del secolo.

Ora che è ricco è famoso più di chiunque altro è comunque abituato alla diffidenza, a farsi giustizia con le sue mani. Sinatra beve, gioca, frequenta donne di ogni genere e se gli fai la domanda sbagliata non chiama l'avvocato ma potresti assaggiare il suo pugno destro.

Frank è un cattivo, un prepotente però ha un senso della giustizia e dell'amicizia  più profondo di molte delle persone a cui ha rotto il muso.


Sinatra ha bevuto, come tante altre volte ed entra al "Copacabana" come tante altre volte: è il numero uno di Las Vegas e i locali fanno a gara per averlo nelle serate e tra i tavoli dei casinò.


Questa volta, però, c'è qualcosa di diverso. C'è un negro con lui. Le guardie del corpo riconoscono entrambi: chi non conosce Sinatra e Davis Jr.? Magari molti hanno in casa i loro vinili ma nessuno vorrebbe in quel locale per bianchi un "colorato": "Non ha senso ma non è razzismo" direbbero: "E' che se un locale è per bianchi è così è basta. Ci può essere anche un negro educato ma poi ne vorranno arrivare altri cento e se si comincia a farne entrare altri è la fine"
Un conto è se vengono a cantare ma come ospiti in mezzo ai bianchi no, non è lo stesso!


I tavoli si fermano; la gente si volta e li guarda di traverso; chiamano altre persone.
I buttafuori li invitano ad uscire e intervengono altri responsabili ma Frank finge di non capire il problema.
Lui è il "Numero uno": nessuno può dirgli cosa deve o non deve fare e se entra Sinatra entra anche il suo migliore amico: non esistono neri, bianchi, italiani o portoricani. In pochi secondi il sangue va alla testa, il cantante dagli occhi blu spacca tavoli, affronta gli omoni che vogliono fermarlo e volano botte, succede di tutto.
Lui uno contro cento come Cirano alla porta di Nesle.

"Mafioso!"

Urla qualcuno


"Amico dei negri!"

Per stasera Frank ha perso e con qualche livido di troppo ma per gli avversari è una vittoria di Pirro.

Sammy Davis Jr. sarà in breve tempo un utente abituale dei casino di Las Vegas se vogliono ancora avere il Rat Pack di Sinatra tra i loro ospiti.

Anche perché Sinatra si comprerà presto l'intero locale


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In un' altra parte dell'America un altro uomo, in maniera diversa, sta cantando la sua vita e la sua canzone contro l'odio.


Anche lui ha fatto i soldi con la musica, tanti soldi ed i suoi dischi sono i più celebrati del momento. E' talmente famoso da essere stato soprannominato "King" come capita a volte ai più celebri artisti di colore. Tanto apprezzato da vendere più di Sinatra.


Nat "King" Cole nel 1948 può già comprarsi una bellissima casa in uno dei migliori quartieri di Los Angeles. Non ci sono altri "neri" in quel posto.
Qualcuno lo minaccia velatamente: tentano di intimidirlo tutte quelle inutili teste che hanno la fortuna di abitare al fianco di uno dei più straordinari interpreti del '900 e la fortuna magari di ascoltare ogni giorno da una finestra il suo pianoforte e la sua voce che incantava il mondo.

Nat non ha paura di nessuno: otto anni dopo terminerà addirittura un concerto ferito e sanguinante dopo un attacco e tentativo di rapimento sul palco e per tutta la vita si rifiuta di esibirsi in locali in cui non possono entrare neri.
I vicini, riuniti in associazione, cercano di essere chiari con lui:

"Non vogliamo persone indesiderabili nel quartiere"


"Neanche io - risponde -  e se vedo che qualche indesiderabile si trasferirà qui, sarò il primo a lamentarmi."




martedì 10 novembre 2015

I SOGNI DELLE SCROFE

LA VACCA, LE SCROFE E I SOGNI



“Che pensi?” chiese la Scrofa
che aveva le zampe affondate nel fango
alla Vacca vicina che stava fissando
le nuvole in alto, senza mangiare.

“Nel cielo lassù mi vorrei sollevare
- Rispose quell’altra, un po’ sospirante –
Il mio sogno è volare ma sono pesante
Così con la mente lo posso esaudire


E voi? Tra il cibo ed il fango di questo porcile
Avete voi scrofe un sogno speciale?”
“Li abbiamo anche noi – replicò l’animale -
Ma per realizzarli non abbiamo mai ali''.




lunedì 9 novembre 2015

LE PIACE SCIARE?



 IRONIA DELLA (S)ORTE


Nulla è totalmente privo di ironia.

E’ peculiarità dell’uomo coglierla, comprenderla, poterla narrare e reagire alle sue manifestazioni. Gli animali, i vegetali, i fenomeni naturali, l’Universo è costantemente attraversato dall’ironia ma solo noi umani possiamo davvero sorriderne.

C’è ironia persino in molte tragedie umane, per il modo o il momento in cui avvengono, pure nella catastrofe e qui ricordo con un sorriso quante volte i terremotati modenesi, seppure terrorizzati e nei guai, hanno saputo tirare fuori lo spirito migliore per non piangersi addosso e per risollevarsi il morale a vicenda.
E’ tipico di noi emiliani scherzare maledicendo il cielo e il destino

Anche nella mia vita, persino nei momenti più oscuri ho trovato paradossi che mi hanno provocato un riflesso muscolare involontario ai lati della bocca.

Si dice anche “Quando pensi di aver toccato il fondo, comincia a scavare”. Non è forse ironia?
 E allora, nei modi e nei tempi giusti, scherziamo su tutto: scherziamo su ciò che ci terrorizza, sui mostri della nostra infanzia fantastica e sui mostri reali della vita. Giochiamo con le parole e combattiamo anche quell’umorismo grossolano, razzista o maschilista che invade le nostre vite e che di ironia non ne ha un’oncia. L’ironia surclassa e annienta quelle sciocche risate di ignoranza che puntano a distruggere la dignità degli altri; le risate per infamare, per dividere, per deridere le diversità e le difficoltà o le deformità.

Per non essere mai sconfitti, nemmeno dall' invincibile falce della morte
ed è qui che voglio arrivare: alla grandezza di chi ha un moto di sfida persino al più imbattibile dei nemici

Come l’ironia un po’ involontaria di Filippide ad Atene, dopo la lunga corsa da Maratona:

“Gioite, abbiamo vinto!”

un attimo prima di terminare la sua esistenza per lo sforzo,



oppura quella altrettanto casuale di Jacques de la Palice:

Si il n'était pas mort, il serait encore en vie

che senza volerlo, per un’ incomprensione sul suo epitaffio, divenne celebre come simbolo di banalità e di ovvietà invece che per le sue gesta gloriose.



E' ironia tremenda e affascinante quella di Shakespeare che, nel momento più macabro e drammatico del Tito Andronico fa sì che Marco, fratello del protagonista, risponda allo stesso con una gaffe degna di una commedia moderna.

In un momento di sconforto, Tito, mutilato così come la figlia Lavinia, sembra quasi incoraggiarla a porre termine alla sua vita e quindi alle sue sofferenze. Marco lo rimprovera per queste dure parole:

"Via, via, fratello, non starle a insegnare a levar le sue mani con violenza contro la stessa sua tenera vita!"

TITO - Che! Il dolore ti ha rimbecillito?? .......... Qual violenza di mani può levare costei contro se stessa? ....
(le hanno mozzato gli arti)


Eppoi perché tanta tua insistenza sulla parola “mani”? 
Sarebbe come chiedere ad Enea di raccontar due volte la sua storia: di come Troia fu ridotta in fiamme!"




Ma l’ironia più vera e straordinaria è quella voluta: quella di chi cerca il riso tra le righe dell’amarezza. Di chi sa e vuole regalare buonumore nei suoi ultimi istanti

così come il grande Stan Laurel che, ormai immobile nel letto, pronunciò l'ultima frase prima dell'eterno riposo e disse alla sua infermiera:



«Mi piacerebbe essere in montagna a sciare».


e l'infermiera che lo seguiva gli chiese cortesemente:


«Le piace sciare, Sig. Laurel?».

«No, lo detesto, ma è sempre meglio che stare qui».