LA CAPRA DEL SIGNOR SEGUIN
(texte original en bas de page)
Questa tristissima fiaba francese di Alphonse Daudet era forse la mia preferita nella prima infanzia. Me la leggeva sepsso mio padre da un vecchio libro di narrativa francese, forse un suo volume di scuola degli anni '60 un po' strappato e senza più copertina.
E' una storia molto nota ma nonostante il profondo dramma del finale riusciva a entusiasmarmi tanto da chiederne spesso la rilettura, anche consecutiva. Fin da quando fui in età per intendere lo svolgimento di una favola, questa vicenda figurava nella mia mente moltissimi spunti di riflessione tanto da essere oggi uno dei più antichi ricordi della mia memoria infantile.
Oggi, a così grande distanza di tempo, mi è tornata in mente e la ripropongo sulle mie pagine, dopo averne riapprezzato la semplicità ma anche la profondità del messaggio in età adulta.
Il Signor Seguin non aveva mai avuto fortuna con le sue capre.
Le perdeva tutte nel medesimo modo: di mattina, rompevano le loro corde,
se ne andavano nella montagna, e lì su il lupo le mangiava. Né le carezze del
loro padrone, né la paura del lupo, niente le fermava. Erano, a quanto sembra,
delle capre indipendenti, che volevano ad ogni costo l'aria pura e la libertà.
Il bravo Signor Seguin che non capiva nulla del carattere delle sue
bestie, era costernato. Diceva:
–
E' finita, da me le capre si annoiano , non ne avrò
mai più una.
Tuttavia non si scoraggiava, e, dopo avere perso sei capre nello stesso
modo, ne comprò una settima; solo che, questa volta, ebbe il buon senso di
prenderla molto giovane, in modo che si abituasse a rimanere con lui.
Ah!Gringoire come era bella, la capretta del Signor Seguin!Come era
bella con i suoi occhi dolci, la sua barbetta da sotto-ufficiale,i suoi zoccoli
neri e lucicanti,le sue corna zebrate e i suoi lunghi peli bianchi che li
facevano da pellanda!Era tanto carina quanto il capretto d'Esmeralda, te lo
ricordi Gringoire?-e poi, docile, accarezzante,lasciandosi mungere senza
muoversi, senza mettere il suo piede nella scodella. Insomma un amore di
capretta...
Il Signor Seguin aveva dietro casa sua un recinto di biancospini.E' lì
che rinchiuso la nuova ospite.
L'attaccò ad un palo, nel posto più bello del prato,avendo cura di
lasciarle molta corda, e ogni tanto, veniva a vedere se stava bene.
La capretta era molto felice e brucava l'erba così volentieri che il
Signor Seguin ne era felice.
–
Finalmente, pensava il povero uomo, eccone una che non
si annoierà con me!
Il Signor Seguin si sbagliava, la sua capra si annoiò.
Un giorno, disse a se stessa
guardando la montagna:
–
Come si starebbe bene lì sopra! Quanto sarebbe
piacevole sgambettare nella brughiera,
senza questa maledetta corda che mi scortica il collo!...Buono per l'asino o
per il bue di brucare in un recinto!...Le capre,hanno bisogno di più spazio.
Da quel momento, l'erba del recinto le apparve scialba.
Le venne a noia.Dimagrì, il suo latte scarseggiò. Faceva pena a vederla
tirare tutto il giorno la sua corda, la testa girata verso la Montagna, le narici
aperte, facendo Mè!...tristemente.
Il Signor Seguin si rendeva conto che la sua capra aveva qualcosa ,ma
non sapeva cosa fosse...Una mattina, quando finì di mungerla, la capra si girò
verso di lui e gli disse nel suo dialetto:
–
Ascoltate Signor Seguin, muoio di noia da voi,
lasciatemi andare nella montagna.
–
Ah!Dio mio!...Anche lei!gridò il Signor Seguin
stupefato, e di colpo lasciò cadere la sua scodella; sedendosi nell'erba vicino
alla sua capra esclamò:
–
Come , Blanquette, vuoi lasciarmi!
E Blanquette rispose:
–
Si, Signor Seguin.
–
Ti manca l'erba qui?
–
Oh!No!Signor Seguin.
–
E' troppo stretta la corda, vuoi che l'allenti?
–
No, non vale la pena,Signor Seguin.
–
Allora di cosa hai bisogno?Cosa vuoi?
–
Voglio andare sulla Montagna,Signor Seguin.
–
Ma, disgraziata, non sai che c'è il lupo...Cosa farai
quando arriverà?
–
Gli darò dei colpi di corna,Signor Seguin.
–
Al lupo non importano le tue corna.Mi ha mangiato
delle capre con delle corna più forti
delle tue...Ti ricordi, la povera Renaude che si trovava qui l'anno scorso?..Ha
lottato tutta la notte con il lupo...poi alla mattina,il lupo l'ha divorata.
–
Peccato,povera Renaude!...Non fa nulla ,Signor
Seguin,lasciatemi andare sulla montagna.
–
Bontà divina!...disse il Signor Seguin;cosa succede
alle mie capre?Eccone un'altra che il lupo si mangierà...Ah questo no!...Ti
salverò comunque, birichina! E per evitare che rompi la corda, ti chiuderò nella
stalla e ci rimarrai per sempre.
Così,il Signor Seguin portò la capra nella
stalla completamente buia e chiuse la porta a doppia mandata.
Ma sfortunatamente aveva dimenticato di
chiudere la finestra e appena andato via, la piccola scappò...Ridi Gringoire?
Lo so che sei dalla parte delle capre contro il buon Signor Seguin...Ma vediamo
se riderai ancora più tardi.
Quando la capra bianca arrivò sulla montagna,
fu un vero incanto. I vecchi pini non avevano mai visto qualcosa di così
bello.Fu ricevuta come una piccola regina.I castagni si abassavano fino a terra
per accarezzarla con la punta dei loro rami.Le ginestre d'oro si aprivano al
suo passaggio,e profumavano a lungo.Tutta la montagna le fece festa.
Pensi Gringoire come era felice la nostra
capretta!
Niente corda,niente palo...nulla che l'impediva
di sgambettare, di brucare a volontà...
La capra bianca , mezza ubriaca,si allungava
con le gambe in aria e si arrotolava lungo i pendii, mischiata alle foglie
cadute e alle castagne...poi di colpo si rialzava sulle sue zampe.Hop!eccola
partita,le testa bassa, attraverso le macchie e le brughiere, prima su un
picco,poi in fondo ad un burrone, in alto, in basso ovunque...Sembrava che ci
fossero dieci capre del Signor Seguin sulla montagna.Non aveva paura di nulla
Blanquette. Saltava in un colpo i grandi torrenti che la infangavano al suo
passaggio...
Insomma ,fu una bellissima giornata per la
capra del Signor Seguin.Verso mezza giornata s'imbattè in una truppa di camosci
che stavano mangiando una lambrusca.Il nostro piccolo corridore fece
sensazione...Si dice anche,ma questo deve rimanere tra di noi Gringoire,che un
giovane camoscio, con il pelo nero,ebbe la fortuna di piacere a Blanquette. I
due innamorati si persero nei boschi per più di due ore, e se vuoi sapere cosa
si dissero,va a chiederlo alle fonti chiacchieroni che scorrono invisibili
lungo il muschio.
All'improviso il vento divenne freschino.La
montagna divenne viola;era notte.
–
Già!disse la capretta;si fermò come stupita.
Giù i campi erano sommersi dalla nebbia.Il
recinto del Signor Seguin era scomparso e si vedeva solo il fumo che usciva dal
tetto della casetta...All'improvviso sussultò...
Poi fu un urlo nella montagna:
–
Hu!Hu!
Pensò al lupo;tutto il giorno non ci aveva
pensato per nulla...Suonò anche una tromba lontano nella valle.Era il buon
Signor Seguin che faceva un ultimo sforzo per farla tornare.
–
Hu!Hu! Faceva il lupo.
–
Torna!Torna!urlava la tromba.
Blanquette ebbe voglia di tornare;ma
ricordandosi del palo,la corda,la siepe del recinto,pensò che adesso non poteva
più fare quella vita,che fosse meglio rimanere.
La tromba smise di suonare...
La capra sentì dietro di lei un rumore di
foglie.
Girandosi vide nell'ombra due orecchie
corte,dritte,con degli occhi luccicanti.Era il lupo.
Enorme,immobile,seduto all'indietro,era lì che
fissava la capra bianca e che la mangiava con gli occhi.Il lupo non aveva
fretta; si mise a ridere con cattiveria.
–
Ah!Ah!la piccola capra del Signor Seguin!passò la sua
grossa lingua rossa sulle labbra.
–
Blanquette si sentì persa...Si ricordò la storia della
vecchia Renaude che aveva lottata tutta la notte prima di essere divorata;si
disse che forse era meglio lasciarsi divorare subito;poi cambiando idea,si mise
in guardia,la testa bassa e la corna puntata,come una brava capra del Signor
Seguin...Non che avesse la speranza di uccidere il lupo,ma solo per vedere se
poteva resistere più a lungo della Renaude..
–
Il mostro si avvicinò,e le piccole corna iniziarono la
loro danza.
–
Ah!la brava capretta,come caricava con il cuore in
mano!più di dieci volte,non mento Gringoire, costrinse il lupo ad
indietreggiare per riprendere il fiato.Negli intervalli della lotta,la golosa
brucava in fretta un po' della sua cara erba;poi tornava alla carica,la bocca
piena...Questo durò tutta la notte. Di tanto in tanto la capra del Signor
Seguin guardava le stelle danzare nel cielo chiaro e diceva dentro di sé:
–
Oh!speriamo di reggere fino all'alba...
Una dopo l'altra,le stelle si
spensero.Blanquette radoppiò i colpi di corna,il lupo le dentate...
Una luce apparve all'orizzonte...il canto rauco
del gallo salì da una cascina.
–
Finalmente!dise la povera capra,che aspettava solo
l'alba per morire;si allungò per terra nella sua bella pelliccia bianca
macchiata di sangue...
Allora il lupo si gettò sulla capretta e la
divorò.
A. Daudet
Alla fine degli anni '50, il grande attore francese all'apice della sua carriera,
incise proprio questa fiaba su disco.
M. Seguin n’avait jamais eu de bonheur avec ses chèvres.
Il les perdait toutes de la même façon : un beau matin, elles cassaient leur corde, s’en allaient dans la montagne, et là-haut le loup les mangeait. Ni les caresses de leur maître, ni la peur du loup, rien ne les retenait. C’était, paraît-il, des chèvres indépendantes, voulant à tout prix le grand air et la liberté.
Le brave M. Seguin, qui ne comprenait rien au caractère de ses bêtes, était consterné. Il disait :
— C’est fini ; les chèvres s’ennuient chez moi, je n’en garderai pas une.
Cependant il ne se découragea pas, et, après avoir perdu six chèvres de la même manière, il en acheta une septième ; seulement, cette fois, il eut soin de la prendre toute jeune, pour qu’elle s’habituât mieux à demeurer chez lui.
Ah ! Gringoire, qu’elle était jolie la petite chèvre de M. Seguin ! qu’elle était jolie avec ses yeux doux, sa barbiche de sous-officier, ses sabots noirs et luisants, ses cornes zébrées et ses longs poils blancs qui lui faisaient une houppelande ! C’était presque aussi charmant que le cabri d’Esméralda, tu te rappelles, Gringoire ? — et puis, docile, caressante, se laissant traire sans bouger, sans mettre son pied dans l’écuelle. Un amour de petite chèvre…
M. Seguin avait derrière sa maison un clos entouré d’aubépines. C’est là qu’il mit sa nouvelle pensionnaire. Il l’attacha à un pieu, au plus bel endroit du pré, en ayant soin de lui laisser beaucoup de corde, et de temps en temps il venait voir si elle était bien. La chèvre se trouvait très heureuse et broutait l’herbe de si bon cœur que M. Seguin était ravi.
— Enfin, pensait le pauvre homme, en voilà une qui ne s’ennuiera pas chez moi !
M. Seguin se trompait, sa chèvre s’ennuya.
Un jour, elle se dit en regardant la montagne :
— Comme on doit être bien là-haut ! Quel plaisir de gambader dans la bruyère, sans cette maudite longe qui vous écorche le cou !… C’est bon pour l’âne ou pour le bœuf de brouter dans un clos !… Les chèvres, il leur faut du large.
À partir de ce moment, l’herbe du clos lui parut fade. L’ennui lui vint. Elle maigrit, son lait se fit rare. C’était pitié de la voir tirer tout le jour sur sa longe, la tête tournée du côté de la montagne, la narine ouverte, en faisant Mê !… tristement.
M. Seguin s’apercevait bien que sa chèvre avait quelque chose, mais il ne savait pas ce que c’était… Un matin, comme il achevait de la traire, la chèvre se retourna et lui dit dans son patois :
— Écoutez, monsieur Seguin, je me languis chez vous, laissez-moi aller dans la montagne.
— Ah ! mon Dieu !… … Elle aussi ! cria M. Seguin stupéfait, et du coup il laissa tomber son écuelle ; puis, s’asseyant dans l’herbe à côté de sa chèvre :
— Comment Blanquette, tu veux me quitter !
Et Blanquette répondit :
— Oui, monsieur Seguin.
— Est-ce que l’herbe te manque ici ?
— Oh ! non ! monsieur Seguin.
— Tu es peut-être attachée de trop court ; veux-tu que j’allonge la corde !
— Ce n’est pas la peine, monsieur Seguin.
— Alors, qu’est-ce qu’il te faut ! qu’est-ce que tu veux ?
— Je veux aller dans la montagne, monsieur Seguin.
— Mais, malheureuse, tu ne sais pas qu’il y a le loup dans la montagne… Que feras-tu quand il viendra ?…
— Je lui donnerai des coups de corne, monsieur Seguin.
— Le loup se moque bien de tes cornes. Il m’a mangé des biques autrement encornées que toi… Tu sais bien, la pauvre vieille Renaude qui était ici l’an dernier ? une maîtresse chèvre, forte et méchante comme un bouc. Elle s’est battue avec le loup toute la nuit… puis, le matin, le loup l’a mangée.
— Pécaïre ! Pauvre Renaude !… Ça ne fait rien, monsieur Seguin, laissez-moi aller dans la montagne.
— Bonté divine !… dit M. Seguin ; mais qu’est-ce qu’on leur fait donc à mes chèvres ? Encore une que le loup va me manger… Eh bien, non… je te sauverai malgré toi, coquine ! et de peur que tu ne rompes ta corde, je vais t’enfermer dans l’étable, et tu y resteras toujours.
Là-dessus, M. Seguin emporta la chèvre dans une étable toute noire, dont il ferma la porte à double tour. Malheureusement, il avait oublié la fenêtre, et à peine eut-il le dos tourné, que la petite s’en alla…
Tu ris, Gringoire ? Parbleu ! je crois bien ; tu es du parti des chèvres, toi, contre ce bon M. Seguin… Nous allons voir si tu riras tout à l’heure.
Quand la chèvre blanche arriva dans la montagne, ce fut un ravissement général. Jamais les vieux sapins n’avaient rien vu d’aussi joli. On la reçut comme une petite reine. Les châtaigniers se baissaient jusqu’à terre pour la caresser du bout de leurs branches. Les genêts d’or s’ouvraient sur son passage, et sentaient bon tant qu’ils pouvaient. Toute la montagne lui fit fête.
Tu penses, Gringoire, si notre chèvre était heureuse ! Plus de corde, plus de pieu… rien qui l’empêchât de gambader, de brouter à sa guise… C’est là qu’il y en avait de l’herbe ! jusque par-dessus les cornes, mon cher !… Et quelle herbe ! Savoureuse, fine, dentelée, faite de mille plantes… C’était bien autre chose que le gazon du clos. Et les fleurs donc !… De grandes campanules bleues, des digitales de pourpre à longs calices, toute une forêt de fleurs sauvages débordant de sucs capiteux !…
La chèvre blanche, à moitié soûle, se vautrait là dedans les jambes en l’air et roulait le long des talus, pêle-mêle avec les feuilles tombées et les châtaignes… Puis, tout à coup, elle se redressait d’un bond sur ses pattes. Hop ! la voilà partie, la tête en avant, à travers les maquis et les buissières, tantôt sur un pic, tantôt au fond d’un ravin, là-haut, en bas, partout… On aurait dit qu’il y avait dix chèvres de M. Seguin dans la montagne.
C’est qu’elle n’avait peur de rien la Blanquette.
Elle franchissait d’un saut de grands torrents qui l’éclaboussaient au passage de poussière humide et d’écume. Alors, toute ruisselante, elle allait s’étendre sur quelque roche plate et se faisait sécher par le soleil… Une fois, s’avançant au bord d’un plateau, une fleur de cytise aux dents, elle aperçut en bas, tout en bas dans la plaine, la maison de M. Seguin avec le clos derrière. Cela la fit rire aux larmes.
— Que c’est petit ! dit-elle ; comment ai-je pu tenir là dedans ?
Pauvrette ! de se voir si haut perchée, elle se croyait au moins aussi grande que le monde…
En somme, ce fut une bonne journée pour la chèvre de M. Seguin. Vers le milieu du jour, en courant de droite et de gauche, elle tomba dans une troupe de chamois en train de croquer une lambrusque à belles dents. Notre petite coureuse en robe blanche fit sensation. On lui donna la meilleure place à la lambrusque, et tous ces messieurs furent très galants… Il paraît même, — ceci doit rester entre nous, Gringoire, — qu’un jeune chamois à pelage noir, eut la bonne fortune de plaire à Blanquette. Les deux amoureux s’égarèrent parmi le bois une heure ou deux, et si tu veux savoir ce qu’ils se dirent, va le demander aux sources bavardes qui courent invisibles dans la mousse.
Tout à coup le vent fraîchit. La montagne devint violette ; c’était le soir…
— Déjà ! dit la petite chèvre ; et elle s’arrêta fort étonnée
.En bas, les champs étaient noyés de brume. Le clos de M. Seguin disparaissait dans le brouillard, et de la maisonnette on ne voyait plus que le toit avec un peu de fumée. Elle écouta les clochettes d’un troupeau qu’on ramenait, et se sentit l’âme toute triste… Un gerfaut, qui rentrait, la frôla de ses ailes en passant. Elle tressaillit… puis ce fut un hurlement dans la montagne :
— Hou ! hou !
Elle pensa au loup ; de tout le jour la folle n’y avait pas pensé… Au même moment une trompe sonna bien loin dans la vallée. C’était ce bon M. Seguin qui tentait un dernier effort.
— Hou ! hou !… faisait le loup.
— Reviens ! reviens !… criait la trompe.
Blanquette eut envie de revenir ; mais en se rappelant le pieu, la corde, la haie du clos, elle pensa que maintenant elle ne pouvait plus se faire à cette vie, et qu’il valait mieux rester.
La trompe ne sonnait plus…
La chèvre entendit derrière elle un bruit de feuilles. Elle se retourna et vit dans l’ombre deux oreilles courtes, toutes droites, avec deux yeux qui reluisaient… C’était le loup.
Énorme, immobile, assis sur son train de derrière, il était là regardant la petite chèvre blanche et la dégustant par avance. Comme il savait bien qu’il la mangerait, le loup ne se pressait pas ; seulement, quand elle se retourna, il se mit à rire méchamment.
— Ha ! ha ! la petite chèvre de M. Seguin ! et il passa sa grosse langue rouge sur ses babines d’amadou.
Blanquette se sentit perdue… Un moment en se rappelant l’histoire de la vieille Renaude, qui s’était battue toute la nuit pour être mangée le matin, elle se dit qu’il vaudrait peut-être mieux se laisser manger tout de suite ; puis, s’étant ravisée, elle tomba en garde, la tête basse et la corne en avant, comme une brave chèvre de M. Seguin qu’elle était… Non pas qu’elle eût l’espoir de tuer le loup, — les chèvres ne tuent pas le loup, — mais seulement pour voir si elle pourrait tenir aussi longtemps que la Renaude…
Alors le monstre s’avança, et les petites cornes entrèrent en danse.
Ah ! la brave chevrette, comme elle y allait de bon cœur ! Plus de dix fois, je ne mens pas, Gringoire, elle força le loup à reculer pour reprendre haleine. Pendant ces trêves d’une minute, la gourmande cueillait en hâte encore un brin de sa chère herbe ; puis elle retournait au combat, la bouche pleine… Cela dura toute la nuit. De temps en temps la chèvre de M. Seguin regardait les étoiles danser dans le ciel clair, et elle se disait :
— Oh ! pourvu que je tienne jusqu’à l’aube…
L’une après l’autre, les étoiles s’éteignirent. Blanquette redoubla de coups de cornes, le loup de coups de dents… Une lueur pâle parut dans l’horizon… Le chant d’un coq enroué monta d’une métairie.
— Enfin ! dit la pauvre bête, qui n’attendait plus que le jour pour mourir ; et elle s’allongea par terre dans sa belle fourrure blanche toute tachée de sang…
Alors le loup se jeta sur la petite chèvre et la mangea.A. Daudet