venerdì 16 luglio 2010

LENTAMENTE MUORE


LENTAMENTE MUORE

(di sicuro non è di Neruda, l'importante è che non la reciti Mastella)

 



Lentamente muore 
chi mangia 10 uova fritte con il mascarpone ,
cioccolati,
wurstel e dolciumi olandesi dopo una carbonara -
(ma morirà comunque tra atroci dolori)

Muore lentamente chi vuole farsi investire
ma anziché aspettare un tir
sceglie di sdraiarsi su uno stretto rettilineo
mentre passa su di lui la dodicesima tappa del tour de France.

Muore lentamente chi crede per anni sia facile fermare con la fronte sul muro una banconota lasciata cadere dall'alto mille volte,
chi mangia ogni sera al Cinese per completare i bollini,
chi non ricorda mai quello che ha appena fatto e per senso del dovere si reca all'AVIS quattro volte nella stessa mattina per il prelievo.

Evitiamo la morte a piccole dosi, quando fare il trapezista sull'alta tensione potrebbe semplificare il compito.

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida fine.


 


 

giovedì 1 luglio 2010

INFINITO


Mi innamorai di questi versi quando avevo più o meno sei anni ed è uno dei più antichi ricordi della mia vita.
Io, immerso nella vasca, che leggo su una vecchia raccolta dei "Canti" di Leopardi e imparo a memoria alcuni versi della prima poesia della mia vita.

Nemmeno sapevo bene cosa fosse una poesia: nella mia ancora breve vita avevo letto e ascoltato solo filastrocche, canzoncine, favole. I grandi componimenti in versi erano un mistero mescolato ai tanti libri della biblioteca di casa, uno di quei volumi più leggeri che avrebbe dovuto attirarmi per l'abbondanza di spazi bianchi tra le parole rispetto a un libro tradizionale, per la brevità di quelle letture ma che mi pareva, al contrario, qualcosa di troppo distante da me e in un linguaggio da adulti. Non ne vedevo un inizio e una fine, non raccontava una storia.

Poi incontro Giacomo Leopardi, per caso. Tutto perché mi era capitato di ascoltare i primi versi dell' "Infinito" in uno sceneggiato televisivo sulla sua vita e per quel poco che potevo capire allora ero rimasto impressionato dal senso di oppressione che mi comunicava quella sua adolescenza di provincia, con una famiglia e un'educazione rigida. Non so perché ma mi ero convinto che il primo verso "Sempre caro mi fu quest'ermo colle" fosse riferito a una piccola collinetta davanti casa, come quelle collinette di terra che avevo nel giardino della scuola e che Leopardi, per qualche diniego paterno, non si fosse mai allontanato da casa e non avesse mai oltrepassato quella collina. "....Che di tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude": c'era quella maledetta collina e quella siepe, sì gli erano care, però non riusciva neanche a vedere cosa ci fosse oltre.
Lo dipingevo ben più limitato e oppresso dalla famiglia di quanto effettivamente non sia stato.

Era la mia prima vera immagine poetica.
Neppure potevo ben capire la profonda cultura e filosofia nascosta dietro ogni verso ma mi affascinava questo giovane uomo che immaginavo non essersi mai allontanato da casa
tanto da non aver visto neppure cosa ci fosse oltre quella collina, quella siepe


ma solo ora, dopo così tanto tempo
comprendo tanto di questa poesia
e sono forse più vicino a chi l'ha scritta.
Solo adesso vedo oltre quella siepe, ascolto e temo
silenzi terribili e sono richiamato al pensiero dell'esistenza
da un insetto, una foglia, un albero.
E pure mi ritrovo a fuggire da questa realtà inaccettabile
naufragando nell'Infinito



L'INFINITO
Giacomo Leopardi

Sempre caro mi fu quest’ermo colle

e questa siepe che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni e la presente
e viva, e il suon di lei: Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.